sabato 12 dicembre 2009

Il capitale-macchina

Liberismo è il mercato libero, il libero scambio di merci. Ciò che fa fruttare i capitali. Nel suo aspetto estremo la mercificazione riguarda tutto e tutti. In questo sistema libertino, più che liberale, conta il capitale, e chi vi predomina è colui o coloro che dispongono di maggiore ricchezza e dunque che riescono più a far circolare la merce e la moneta. Capitalismo e democrazia sono due antitesi. Non vi può essere democrazia effettiva con il capitalismo, poiché la maggioranza viene sfruttata e non può essere mai sovrana, come suol dirsi. Il paradosso è che non vi può essere nemmeno democrazia a sé stante, poichè questa rappresenta solo un'astrazione e non una realtà di fatto. In qualsiasi sistema, come in quello naturale, predomina il più forte, il più intelligente, il più scaltro, ovvero chi riesce a controllarlo e a sfruttarlo nel suo complesso. La legge della jungla, appunto. Non vi sono altre alternative. La nostra o le nostre democrazie occidentali sono e possono essere soltanto democrazie capitalistiche. Chi non è capace di produrre ricchezza, ovvero, chi non riesce o non vuole o non può far circolare le merci, o ancor più non abbia la capacità di mercificare tutto e tutti, resta relegato ai margini, escluso, recuperato semmai, in qualche modo, come prodotto di consumo, da reinserire dunque nel mercato libero; ma libero il mercato lo è per una minoranza che controlla il resto e fa funzionare il sistema. Questo è asettico e privilegia il capitale, la legge quindi del più forte, di chi è senza scrupoli. Non c'è dunque da stupirsi se, in un sistema come questo, predominano, lo sfrutamento umano, la povertà in vaste regioni del mondo, la propaganda e lo smercio di prodotti nocivi, quali per esempio farmaci per malattie inventate ad hoc dall'industria farmaceutica, la pornografia, pedofilia, la contraffazione, la corruzione, la mafia, e chi più ne ha più ne metta. La visione che si presenta è quella di un'eterna lotta per la sopravvivenza, con alti e bassi, che gira attorno a due poli ideali, a volte apparentemente in contraddizione, a volte in equilibrio instabile ma, in effetti, funzionali all'apparato complessivo: il capitale e il sistema (democratico o dittatoriale che sia). Per usare un paragone, il capitale potrebbe essere rappresentato dal carburante e il sistema dalla macchina. La sua funzionalità esula dall'ideologia che ne potrebbe soltanto compromettere il funzionamento; ogni sistema creato(si) è autarchico e per forza di cose è dedito allo sfruttamento.

La condizione umana (condizionata da questo apparato infernale) è quella di sfruttati e sfruttatotri, con ampie fette di follia, ovvero incapacità a sottostare a questi due limiti imposti come categoria pre-definita dalla macchina-capitale.

mercoledì 9 dicembre 2009

Ancora sull'ADHD

È incredibile il diportage (sic) del tiggì, come abbiamo visto nel post precedente. La questione dell'ADHD è alquanto controversa, ma i telegiornalieri riporta(va)no la notizia (e non il fatto) in modo unilaterale, a senso unico, con l'esperto di turno, l'intervista dei genitori, la voce fuori campo, ecc... Insomma abbiamo visto il cocktail preconfezionato pronto per il consumatore, ormai consumato e lobotomizzato dall'uso ed abuso del mezzo tele-invasivo. E la controversia dov'è, uno si chiederebbe?... Non certo nella notizia riportata. Ci sono tante altre campane di tutto rispetto e non privi di esperienza e deontologia professionale. È incredibile quanto dissenso e diversità di punti di vista si trovino su Internet riguardo a questa malattia accredita dall'ufficialità medico-industriale.

Comunque anche su Wikipedia vengono espresse controversie generali circa la diagnosi e l'esistenza della malattia
"Quando le autorità scolastiche dicono a una madre, che suo figlio è malato e necessita di essere farmacotizzato, come lei sa che succede nel mondo, ciòè semplicemente una menzogna. Come fa lei a riconoscere ciò che gli esperti chiamano "Deficit d'Attenzione con Disordine Iperattivo" [Attention Deficit Hyperactivity Disorder = ADHD]... semplicemente: non è una malattia. Ora, tale madre non è un'eperta della storia della psichiatria. Lei non sa che la psichiatria ha per centinaia di anni, usato termini diagnostici, cosiddetti termini diagnostici, per stigmatizzare e controllare la gente".

"Quando gli schiavi negri nel Sud scappavano verso la libertà, non è che essi lo facessero per la voglia di essere liberi, ma perché essi soffrivano di una malattia chiamata drapetomania [da drapetes 'schiavo in fuga' e mania]. Non me lo sto inventando. Questa era una disgnosi leggittima. Proprio come lo è il Deficit d'Attenzione con Disordine Iperattivo. Le donne, metà popolazione del genere umano dunque, se erano così pazze da ribellarsi alla dominazione dell'uomo, bene, allora esse avevano una seria malattia chiamata isteria, dovuta al loro utero impazzito".

"Ora nessuno di quei comportamenti è mai stato una malattia, e non è una malattia. Non lo è il disturbo da deficit dell'attenzione. Nessun comportamento buono o cattivo che sia può considerarsi una malattia. Niente a che vedere con le malattie. Così non m'importa come un bambino si comporti. [...] Dire che un bambino è mentalmente malato è una stigmatizzazione, non è una diagnosi. Dare a un bambino uno psicofarmaco è avvelenarlo, non curarlo". (Thomas Szasz, vedi anche su youtube il video Dr Thomas Szasz on Psychiatry )
Se si va su Internet, specialmente su Youtube, c'è un vasto assortimento di dissenzienti, persone che non possono di certo essere considerate dei ciarlatani, dato che sono dei veri professionisti del settore a tutti gli effetti. Mentre il tiggì prosegue imperterrito verso la sua metà unidirezionale con la sua pappardella preconfezionata di regime. Ma si rendono conto della responsabilità che hanno, costoro? Oltre alla fiducia riposta mal ripagata, mi chiedo che futuro possa avere questo tipo di (dis)informazione prezzolata ad oltranza.

È un informazione questa che gira su sé stessa, o meglio, intorno al potere economico (dell'industria farmaceutica in questo caso), avulsa dalla realtà e/o dal fatto, conformata e divulgata secondo gli interessi economici che vi si celano dietro e dentro la notizia. La tivvù, questa televisione statale delle meraviglie, ci vende al migliore offerente. Buttatela nel cesso. Proverbialmente avverso al tubo (catodico), a questo elettrodomestico fin troppo domestico, Eduardo De Filippo, quando veniva chiamato a telefono da qualche addetto della Rai di allora, diceva; "aspettate un momento, che adesso vi passo il frigorifero".

E si trattasse soltanto di una barzelletta!

Sarebbe opportuno tenere la ricerca scientifica e l'industria della salute separate dalla politica, ma spesso questo non si può, tanto sono così inestricabilmente intrecciate l'una all'altra. Elio Veltri, italiano di casa nostra (e non di cosa nostra) spiega qualcosa di generico, ma molto inquietante, che i vari tiggì gossippari (ormai quasi tutti della stessa impronta aziendale) spesso e volentieri tacciono, quando elargiscono a piene mani la loro paccottiglia irregimentata di notizie (e non solo riguardo alla salute e al mercato dell'industria farmaceutica). Non riuscendo a spiegarmelo diversamente, posso solo intuire che probabilmente anche loro, in un modo o nell'altro, fanno parte della filiera a cui fa riferimento Veltri.
"I conflitti di interesse attraversano tutta l'industria. Noi abbiamo solo parlato di un capitolo dell'industria che è quella dei farmaci che è sconvolgente, perché l'industria farmaceutica ha i profitti più alti in assoluto, rispetto a tutte le industrie, e i conflitti di interesse si determinano in tutta la filiera, cioè: la produzione, l'industria farmaceutica, la ricerca scientifica, le riviste scientifiche, le società medico-scientifiche, i medici, le associazioni dei parenti dei malati (anche loro sono pagati dalle industrie farmaceutica), i propagandisti e, cosa più grave in assoluto, insieme a quello della ricerca, le autorità di controllo, che cioè devono decidere se un farmaco è sicuro e se può essere immesso sul mercato" (Elio Veltri, vedi anche il video La scomparsa dei fatti di Marco Travaglio e Elio Veltri).

domenica 6 dicembre 2009

Se sei iperattivo, sarai psicofarmacotizzato


Ecco una delle solite puntanate telegiornaliere. Ci sono tutti gli ingredienti della coercizione ai consigli per l'acquisto della merce, in questo caso l'utente-usato acquista una cura fornita dall'establishment medico, tramite l'informazione praticata a tappeto e nel suo ristretto ambito con-dominiale. L'industria farmaceutica, in questo caso, detta il modo dell'informazione alla speaker RAI. C'è l'esperto di turno, il camice bianco questa volta in borghese, che spiega in termini pseudoscientifici divulgativi, rassi-curante; ci sono una magnifica coppia di genitori-modello (già modellati e formattati secondo norma), felici per la cura fornita al loro figliolo iperattivo, testimoniando così con la loro esperienza diretta (e inconfutabile) l'efficacia del farmaco e la bontà sublime del sistema medico-industriale che secondo quanto viene propagandato pare desidera la salute del cittadino. La musica di Vasco Rossi in sottofondo, la giorn(an)alista sicura di sé a dare la notizia; insomma la pappa è pronta per il teleutente usato-usabile.


Su questa dei farmaci e psicofarmaci somministrati così indiscrimminatamente, a bambini e non, ce ne sarebbe tanto dire. Invece la tivvù statale dell'industria dell'informazione fornisce la sua informazione-preconfezionata.

Le minacce di pena implicite, che non si dicono in tivvù, sono quelle rivolte ai genitori che potrebbero avere la tendenza a rinunciare a curare i figli secondo i consigli (imposizioni) proposti-minacciati dalla medicina ufficiale. Sotto sotto c'è l'intenzione (sottaciuta per ovvie ragioni), di screditare i genitoti come educatori e tutori dei loro figli, qualora rinunciassero a curarli secondo norma medicale. Una forma di omissione di soccorso, insomma, per coloro che mostrassero dubbi e tendenze contrarie a ciò che viene ufficialmente contrabbandato dall'informazione-statale-farmaceutica.

È assurdo somministrare farmaci e psicofarmaci a quella tenera età. Ovviamente democraticamente (o democriticamente), in perfetto stile mafio-informativo non si è fatta sentire l'altra campana, quella dei medici dissenzienti, che non condividono la visione a 360 gradi proposta di questa propagandata cura unidirezionale. Questa è la televisione dittatoriale statale-industriale. Se ci fosse stato un contradditorio, probabilmente avrebbero fatto in modo che fosse stato scelto fra persone meno competenti e facili da massacrare linguisticamente dai ben più preparati padroni del campo, che giocano in casa, che fanno le regole del gioco e la verità dell'informazione.

"Ecco ciò che resta del Sandrino [bambino o teleutente-usato] originale. Lo abbiamo riempito di contenuti e adesso è ambizioso nel piccolo, appagato del suo semi-io e magnificamente corrotto e funzionale".

- "E se un domani avesse qualche pretesa?..."

La mia esperienza personale m'insegna tante cose. Ho subito la somministrazione di psicofarmaci a mia insaputa, poichè si era deciso così, secondo il parere autorevole dei dottori specialisti del settore, che quella doveva essere la mia cura e il mio destino. Posso dire che il danno irreversibile c'è stato senz'altro, ma non lo confesserei mai ai dottori dipendenti statali-industriali, poiché, per bene che vada, non servirebbe a niente. Il muro non risponde. Ma come suol dirsi, si resta come voce fuori dal coro, come un'esile voce di chi grida nel deserto, difficile se non impossibile da ascoltare.

I miei felici genitori di allora, di alcuni decenni fa, mi imbottirono di psicofarmaci, con le evidenti gravi conseguenze immaginabili. Fatto sta che arrivato ormai all'età adulta e della ragione, feci richiesta esplicita, di essere informato riguardo a questo assurdo trattamento psicofarmacologico. Non ci credereste: muro di gomma. Non solo da parte dei medici-psichiatri (ormai non direttamente coinvolti), ma soprattutto da parte dei miei genitori, mia madre in special modo. Alla mia richiesta rispondeva incredibilmente con un netto rifiuto, arrabbiata, come se stessi per farmi rivelare un alto segreto di Stato. Chi cercava di coprire o da chi era ed è stata plagiata? - mi chiedevo - vista l'impossibilità di strozzarla, non tanto per non finire in galera (ero e sono ancora un figliolo rispettoso e pietoso), rinunciai dopo vari tentatavi infruttuosi, finiti sempre con il solito attegiamento mafio-omertoso, incazzatissimo della mater-dolorosa. Vabbè che siamo in un paese mafiocratico, ma io personalmente ne restai e ne resto tuttora esterefatto. Non capisco proprio la spiegazione di questa impuntatura materna. Fatto sta che anche in età adulta mi venivano somministrati psicofarmaci, a mia insaputa. Lo so, poiché venni a scoprire talvolta degli psicofarmaci opportunamente e malaccortamente nascosti agli occhi del figlio pazzo, che di certo scemo non era.

Arrivo alla mia maggiore età (18 anni), e il medico Cammilleri di Campomarino (doveva avere forse qualche specializzazione in psichiatria) venne a casa a dirmi espressamente che - detto in parole povere - per il mio bene, avevo subito la cura psicofarmacologica. Mi consigliò (mi intimò con il suo affascinante savoir faire) di continuarla. In questo caso dimostrai di essere fesso..., ma ero incompetente e incapace di reagire, preso dalla fascinazione medica-curativa. A dire il vero, lì per lì, non riuscivo a capire la malattia imputatami, ma mi fidavo dell'esperto di turno che si era presa la briga di venire addirittura in casa mia a dirmi la verità e a darmi consigli. Passarono alcuni anni (quasi un decennio) e cominciai a rendermi conto della fasullità della psichiatria e della medicina ufficiale in generale. Rinunciai a prendere farmaci, rinuncia alla quale sopperiva mia madre, a mia insaputa, dietro ovvio consiglio medico. Mi ritrovai insomma ancora psicofarmacotizzato, nonostante la mia maturità, ovvero la capacità di intendere e di volere, apparentemente ed ufficialmente concessami. On n'échappe pas à la machine. Se non credi alla cura, sarai ugualmente in-curato. Da queste tristi esperienze personali deduco che la somministrazione degli psicofarmaci avvenne all'età di sette anni (dico sette anni), dopo essere stato dimesso dall'ospedale per un attacco di meningite, quasi certamente dovuta a una maledetta vaccinazione scolastica. Anche per la vaccinazione scolastica e la malattia da dichiarare ci fu allo stesso modo un muro di gomma genitoriale-dittatoriale univoco. Ma questo è un altro fatto, anche se strettamente
correllabile.

Anatomia dell'informazione
Giornalume tele-invasivo: - ... Bambini iperattivi che non si fermano mai. Spesso si tratta di una vera malattia che va curata con dei farmaci per il benessere dei bambini.Perché è una malattia? Perché non il benessere delle industrie farmaceutiche? Perché non viene abbozzata nessun altra possibilità di cura alternativa? 
Padre: - Ebbene, i problemi sono sorti con la scuola, scarsa socializzazione, poco rispetto delle regole, poca applicazione proprio a livello didattico, quindi problemi con i compagnetti, con gli insegnanti,...Importantissima è l'apprensione dei genitori (in genere vittime della loro stessa ignoranza) per la salute del bambino. Lo spettro dell'asocialità e della diversità incombe come una nube futuribile e minacciosa sulla famigliola
Madre: in piscina si ribellava e a un certo punto ha tirato la tavoletta addosso alla sua istruttrice...Sostegno materno alla cura
Voce fuoricampo telegiornaliera: - Impulsivo, aggressivo, sfugge alle regole e alla compagnia dei coetanei. È un bambino iperattivo. Alla base dei suoi comportamenti non c'è la semplice vivacità, né un problema di educazione, ma una malattia: la sindrome da deficit di attenzione.Viene stabilito una volta per tutte che non vi è alternativa e altra causalità. Si tratta appunto di una malattia: la fantascientifica sindrome da deficit di attenzione.
Esperto di turno (in borghese) [al secolo prof. Paolo Curatolo, neuropsichiatra infantile dell'Università di Tor Vergata (ROMA)]: - Il disturbo da deficit con attenzione di iperattività, è uno dei più comuni disturbi del comportamento del bambino ed è caratterizzato da eccessivi livelli di inattenzione, con un comportamento di iperattività e di impulsività. Non è un disturbo banale o passeggero, perché tende a persistere nella maggior parte dei casi, anche nell'adolescenza, dove si verifica a volte un disturbo positivo-provocatorio, e delle condotte di disadattamento sociale.Non si fa che ribadire il concetto precedente di indiscussa malattia senza altra possibilità curativa e causalità. 
Voce fuoricampo telegiornaliera: - Malattia che colpisce in forme più o meno gravi, un ragazzo su trenta. Comportamenti tipici: non sedersi a tavola durante il pranzo, guardare la tivvù a testa in giù, non concentrarsi nei compiti e muoversi di continuo. Statistica propagandata a sostegno della realtà della malattia. 
Esperto di turno (in borghese): - Le cause sono di tipo neurobiologico. I fattori genetici hanno una rilevanza importante, associati però a dei fattori di rischio prenatali e perinatali, come ad esempio l'esposizione al fumo e all'alcool in gravidanza e una nascita di basso peso o a una nascita prematura.Conferma e rafforzamento ulteriore della diagnosi, senza possibilità di smentire, dato che non c'è contraddittorio da parte di altri medici.
Voce fuoricampo: - Ma la sindrome spesso non viene riconosciuta, in famiglia o a scuola, dove il bambino può suscitare l'ostilità degli altri.Di nuovo la descrizione sintomato(i)llogica e la possibilità di comprendere un certo comportamento atipico del bambino.
Padre: - Lo isolavano. Lo isolavano letteralmente e quindi lui diventava ancora più cattivo. Perché... il problema è che loro andavano avanti anche a livello didattico... lui vedeva la differenza, la nota, e quindi cercava di fermarla in qualunque modo. Il modo poteva essere a volte anche fisico.Sostegno paterno e descrizione degli effetti dovuti al comportamento anomalo nel bambino.
Voce senza-scampo telegiornaliera: Il disturbo si diagnostica osservando il bambino a casa, a scuola e nel gioco... Testi psicologici studiano lo sviluppo delle sue facoltà. Qui il piccolo paziente è invitato a riconoscere gli elementi mancanti nelle figure che gli vengono mostrate. Riesce a concentrarsi per pochi minuti. Ma per tutto questo esistono oggi terapie efficaci.Ribadire il concetto di diagnostica e malattia e il fatto che esiste soltanto questo tipo di cura  (terapie efficaci) : farmacologica e di tipo psico-educativo e cognitivo-comportamentale come più avanti espresso dal camice bianco in borghese.
Esperto di turno (in borghese): - Nei casi più lievi utilizziamo dei programmi di tipo psico-educativo e cognitivo-cmportamentale, che sono in grado di ottenere dei miglioramenti. Nei casi più gravi, quando i sintomi sono più critici, è necessario abbinare ai trattamenti cognitivo-comportamenteli, un trattamento farmacologico che può migliorare in modo significativo, già in poche settimane, la qualità della vita dei bambini e migliorarne la prognosi a distanza.Colpo di (dis)grazia informativo e sproloquio iperdidattico. Cosa sarranno mai i programmi di tipo psico-educativo e cognitivo-comportamentale? Cos'è la prognosi a distanza? Linguaggio tecnico; quanto basta per garantirne l'incomprensione e l'adesione incondizionata alla cura ai più.
Madre: - S'è visto subito che lui prendendo il medicinale è migliorato a 360 gradi, diciamo, e praticamente adesso interviene quando i bambini giocano. Relaziona con tutti quanti. Riesce a stare un pochino di più in classe, non si alza come faceva prima... La voce della mamma non dà adito a dubbi: il risultato della cura è più che soddisfacente. Peccato che non si è intervistato il bambino, e del resto cosa potrebbe dire e controbattere una volta per tutte che si è deciso per lui e del suo destino.
Padre: - Non sottovalutare [tempestiv]amente questi segni del bambino che comunque sono veramemente risolvibili... Idillio finale con Vasco in sottofondo che entra prepotentemente in scena musicalmente cantando: anche se tante cose un senso non ce l'ha...]. Tante cose non ce l'hanno un senso. Ma, nel caso della medicina statale-industriale, si trova sempre modo di dare un senso della malattia a tanti comportamenti che un senso non dovrebbero proprio averne.
SCONCLUSIONE.

L'informazione fornita non ha nessun contraddittorio, e nessuna possibilità quindi di repliche. È ben costruita, professionalmente. I giorna(na)listi sono abbastanza ben preparati nel curare la forma e il meccanismo della notizia, ma il contenuto è quello fornito dal potere, industriale in questo caso. Appare diverse volte l'esperto di turno ufficiale, e mai un medico alternativo (e ce ne sono tanti!) che possa controbattere a queste asserzioni soliloquiali ammantate da scientificità. Brutta cosa quando oggi come oggi la scienza è asservita al potere economico. La genitorialità espressa in tutta l'ignoranza (nel senso che ignora) e apprensività, volta a giustificare, o se non altro, a rafforzare l'informazione nel suo complesso.

Esistono anche trasmissioni alternative, alquanto rare, come per es. C'era una volta che, anche se non arrivano proprio a una visione massima di 360 gradi, forniscono comunque notizie abbastanza attendibili e affidabili, rispetto a certi telegiornali demenziali-padronali che non ne forniscono proprio, o meglio: forniscono la notizia, ma chissà dove si sarà smarrito, strada fingendo, il fatto. Nel video sottostante l'inchiesta svela la drammaticità del business farmaceutico e alla malattia, così forbitamente chiamata sindrome da deficit di attenzione, viene data uno scarso valore statistico. Nel parolume del telegiornale non se ne fa menzione di questa faccenda tremenda. Si informa del fatto che spesso certi comportamenti del bambino, come l'iperattività, sono sintomi di una malattia. Perché il problema è affrontato così diversamente nelle due inchieste o informazioni?... anzi nel primo caso sembra che il problema non viene affrontato proprio: si dà una visione tipica dell'evento come fosse pubbicità e non inchiesta, talché la notizia, così curata nella forma, sembra sottendere un'informazione da consigli per gli acquisti e non la notizia riportata di un fatto. Diceva qualcuno che "i giornalisti informano i fatti e non sui fatti". Ed è così. Vedere e confrontare le due versioni per credere.

Comunque entrambi, sia il telegiornale che l'inchiesta, hanno questa tara di fondo: la definizione di malattia per un determinato comportamento del bambino. Non si rinuncia mai definitivamente alla dittatura della scienza ufficiale. La medicina detta sempre legge. Parlo per quel 3 o 5% di bambini che dovrebbero esserne affetti. In questo caso, potrei anche credere ad una malattia ma non nell'efficacia della cura, per forza imposta(ta) e determinata con parametri di definizione forniti dalla medicina ufficiale. Manca in un modo o nell'altro sempre il suono di un'altra campana. Dove c'è o si presume vi sia una malattia, c'è sempre pronta la cura medica e mai una qualche cura alternativa che la possa sostituire. Chissà mai perché...

sabato 5 dicembre 2009

Giorgio Antonucci, la Psichiatria

Vedi
sulla porta

sotto lo spioncino
i segni
delle mie unghie
le impronte delle mie mani
è quella
la mia storia
di detenuto

il mio diario. (Giorgio Antonucci)
ascolta la versione recitata  


Parte del discorso estratto dal video

La psichiatria fa parte di un mondo in cui l'individualità, la libertà, sono una minaccia, cioè un mondo che vuole omologare tutti, e si vede si va sempre più in quella direzione, non a livello italiano, ma a livello internazionale. Allora, se tutti si deve essere uguali, se tutti si deve essere sottomessi, se tutti si deve parlare lo stesso linguaggio, gli psichiatri servono. [...] Emmanuel Kant diceva: se il pensiero è libero, non c'è alcun limite che gli si possa porre. Il pensiero libero significa che io posso dire le cose che risultano vere e le cose che risultano false, le cose che risultano dimostrabili e quelle fantastiche, le cose che possono essere dimostrabili scientificamente e quelle che non lo sono. Per questo l'uomo ha fatto tante cose. Se il diavolo esiste e lo dice il papa, milioni di persone ci credono... [mentre] se una donna di campagna, che fa una vita difficilissima, dice che è perseguitata dal demonio, la mettono in una clinica psichiatrica. Sono queste le domande. [...] la medicina ci'ha due aspetti dall'antichità fino a ora, dagli egiziani fino a ora: un aspetto è il medico che si preoccupa della salute della persona che si rovolge a lui per migliorarla; l'altro aspetto è il medico al servizio dell'autorità. Sono due aspetti. Il medico al servizio dell'autorità non è al servizio del paziente. La medicina, che ha avuto sempre questa doppia faccia, nell'era moderna, dal seicento in poi, la faccia e del mantenimento dell'ordine è la psichiatria. Appunto l'istituzione manicomiale, pochi anni prima che io cominciassi a lavorare qui, dipendeva dal ministero degli interni: ordine pubblico. Poi l'hanno passato al ministero della sanità. Ma quando dipendeva dal ministero degli interni era più chiaro.

Il commercio è l'anima della politica

La politica viene agita dal sistema economico. In un sistema istituzionale, la democrazia (governo della maggioranza) può realizarsi o può averne soltanto la parvenza solo a livello politico, non a livello economico. La politica soggiace alle leggi e agli interessi economici. Quindi se politica è uguale a democrazia, otteniamo che l'economia è uguale a dittatura. Un'equazione del potere o meglio una sperequazione a favore di quest'ultima. L'economia prescrive la politica da attuarsi, il che vuol dire che un sistema istituzionale in realtà può essere solo apparentemente democratico, ed infatti esso è dittatoriale, anche se opportunamente velato, edulcorato, oscurato e contrabbandato altrimenti dai mezzi di (dis)informazione, in mano sempre al potere economico, più che politico, e, comunque, informano sempre di ciò che vogliono ed hanno interesse a far sapere.

Per esempio all'industria del vaccino, a quella dei farmaci e psicofarmaci in generale, ecc., quale opposizione democratica (di base, popolare o governativa) può contrastarla?... Nessuna. Non c'è contraddittorio, non vi è una opposizione effettiva. La ricerca scientifica (finanziata dall'industria), con tanto di egregi divulgatori specialistici in camice bianco, fa da garante alla bontà del prodotto propinato. Se si decide per la messa in commercio di un prodotto farmaceutico, ci deve essere già pronta per l'uso una bella malattia da curare, altrimenti bisognerebe inventarla ad hoc. La commercializzazione e l'informazione del prodotto è a senso unico, dal produttore al consumatore. Quest'ultimo non ha mezzi per ribattere e rimane così assoggettato, incapace di reazioni critiche, di autodifesa immunitaria, e del resto come può opporsi a una martellante campagna pubblicitaria che propaganda il benessere e la sua salute? L'industria dei farmaci con la salute non ci campa. Più malato è l'utente-usato, più sana e in perfetta salute è l'industria che lo cura.

Ci vorrebbe un sistema democratico applicato anche all'economia. Ma questa, per sua stessa natura, svicola, è furba, gira su se stessa e, a quanto pare, non ne vuole sentir parlare né di gestione né di partecipazione democratica sia essa popolare o governativa. Il sistema economico influisce sulla politica da attuarsi ma, in un certo qual modo, resta comunque avulso da questa, e quindi funziona in modo autoreferenziale.

venerdì 4 dicembre 2009

Introduzione

Non ci stimiamo più abbastanza quando apriamo il nostro cuore. Le nostre vere e proprie esperienze vissute non sono affatto loquaci. Non potrebbero comunicare se stesse neppure se volessero. Questo perché manca loro la parola. Le cose per le quali troviamo parole, sono anche quelle che abbiamo già superato. In ogni discorso c'è un granello di disprezzo. La lingua, a quanto sembra, è stata inventata soltanto per ciò che è mediocre, medio, comunicabile. Con il linguaggio, chi parla già si volgarizza - Da una morale per sordomuti e altri filosofi. (Friedrich Nietzstche)

   Pensare è un arte, ma un arte difficile. La difficoltà primaria nasce dai condizionamenti e dall'assuefazione del pensiero al preconcetto. Esso non può, così condizionato, fare altro che esprimere pregiudizi e, cosa non meno importante, dobbiamo tenere conto della nostra natura animale che è la natura stessa del pensiero. Come animali siamo parenti stretti delle scimmie e dei cani. Avete mai visto un cane o uno scimpanzé fare un discorso, sviluppare un concetto, esprimere un giudizio o un opinione? Ecco che la comunicazione del pensiero diventa "informazione" finisce solo per comunicare l'esteriore, il non animale, ciò che non è vero, ciò che è falso contrariamente all'illusorietà iniziale del pensiero stesso che si credeva capace nelle sue intenzionalità di comprendere o di essere compreso. Così ci adeguiamo a credere alle nostre "bugie".    La comunicazione non esiste se non come fraintendimento, come smarrimento. L'intento che si credeva capace di comprendere e misurare, presumendo in buona malafede (sic) di riferire il di-scorso ("mai appartenente all'essere parlante")  smarrisce miserevolmente  il suo dis-onesto proposito. La comunicazione vive nel suo stesso paradosso: è incapace di comunicare. Ed ecco che essa cede il passo all'informazione . Si viene in-formati secondo l'ottica di sistema.  
   Lo stereotipo, il cliché, il preconcetto, il senso comune, le formalità, placano la nostra sete di verità, ci fanno sentire al sicuro ed immuni dalla "malattia del pensare", troppo laboriosa e troppo stressante per la nostra irrinunciabile indole animale. (Carlo Giordano)


Senza ragione - Documentario antipsichiatrico - 1 di 6

Scrivere un libro che spieghi razionalmente in modo comprensibilmente chiaro il mio modo di pensare è una faccenda per me virtualmente "straordinaria". Essendo io "prevalentemente" un artista (non essendo portato al concetto e alle spiegazioni) mi trovo così a scrivere e sviluppare per così dire un linguaggio con un lessico e regole grammaticali di una "lingua" che "non conosco", come potrebbe essere per esempio quella cinese. Ne farei volentieri a meno, starei in silenzio, senza dire o scrivere una parola, anche per anni, ma da questo mutismo qualcuno potrebbe dedurre ad hoc un consenso non dato.

Chi sta ai margini vede ed è costretto a vedere cose che chi è pienamente dentro il sistema non può, non riesce, non vuole o finge di non vedere. In questa zona di frontiera mi ritrovo così: solo, emarginato, amareggiato ma certamente con più libertà di movimento. Esprimo le mie riflessioni riguardo alle strutture e le funzionalità di sistemi sociali, economici e specialmente psichiatrici. Non sono uno specialista (per fortuna) dei vari settori e di conseguenza posso commettere certamente errori di terminologia, magari non riuscirò ad esprimere bene qualche concetto. E' un problema?... No, non ce ne cale un fico secco!

La "denuncia" comunque va fatta affinché almeno qualcuno impari meglio a distinguere l’oro da tutto quello che sembra così luccicante e scontato. Scusate la presunzione, ma si impara insegnando. Almeno una persona imparerà: io. Viceversa: insegnerò imparando.

Quello che appare o vuole presumibilmente apparire come verità scientifica in talune scienze dis-umane, purtroppo come la psichiatria, rappresenta in effetti solo l'espressione di un ideologia di sistema. Il linguaggio dovrebbe giustamente esprimere un qualcosa, comunicare un pensiero, uno stato d’animo, ma ha invero dentro di sé tendenzialmente un modo di procedere e svilupparsi, diciamo per così dire, con un certo significato autonomo rispetto alla realtà presumibilmente oggettiva che si vuole esprimere. Si sviluppa in questo modo una realtà parallela autonoma diversa, fittizia, avulsa dal contesto che si vuole svelare e possibilmente in aperto contrasto con questo. Una realtà oggettiva per poter rivelare la sua essenza deve essere, paradossalmente, ipoteticamente priva di linguaggio oppure si ammetterà che: esiste un metalinguaggio ad hoc che la possa esprimere pienamente in modo obiettivo. "L'intento non corrisponde  all'esito" (Carmelo Bene). Sarebbe opportuno considerare la conferma di J. Lacan sul linguaggio ovverosia il "discorso non appartiene mai agli esseri parlanti". Noi non disponiamo attivamente del linguaggio ma lo subiamo passivamente. Non agiamo ma siamo agiti. Siamo nell'atto. Il linguaggio insomma è dotato di autonomia rispetto ai dicenti. "Mentre diciamo siamo detti" (Carmelo Bene).

Questa autonomia di linguaggio per esempio può, in qualche modo, essere sfruttabile da chi sa ben parlare in modo coerente e chiaro; una inevitabile deformazione professionale. Questa tendenza autonoma del linguaggio è "utilizzata" dagli psichiatri. Automaticamente, solo per il fatto che una persona si trova di fronte ai loro occhi, scatta la deformazione. La mente dell’analista analizza il "malato", lo deforma, lo cataloga, lo ricovera, fa la diagnosi e prescrive la cura. In effetti ciò che conta non è "quello che pensa o sente il malato ma quello che il dottore pensa e fa nei suoi confronti".
- Il dialogo viene ad essere sostituito col monologo autoritario del linguaggio professionale e dal potere sociale che lo delega - . Si capisce bene che un tale linguaggio creato, dalla categoria della maggioranza, azzittisce qualsiasi dissenso e si istituzionalizza democraticamente come dittatura autonoma (sic). Non è discutibile poiché il linguaggio già codificato non può essere contraddetto da un qualsiasi altro tipo di linguaggio poché scadrà inevitabilmente nell'incomprensione, nell'emarginazione, nel dimenticatoio, magari provocherà reazioni repressive, ecc. Il malato, a torto o a ragione, non può mai negare il linguaggio normale che lo emargina. Non ne uscirà più fuori se non a pezzi.

Si è dato verosimilmente un significato estraneo ed estraniante che non appartiene alla realtà oggettiva del soggetto e della sua malattia, ma che resta verità virtuale, estorta tramite un potere occulto , gestito da fanatici gregari e tutelato dal sistema. Altresì, come nel linguaggio, così in ogni sistema e/o struttura si innesta una similare autonomia che possiamo chiamare anche: vizi di sistema o vizi strutturali. Singoli individui creativi si troveranno sempre in difficoltà nell’interrelazione con essi, poiché i sopraddetti avranno tendenza a contrastare fortemente ogni azione creativa e modificativa nei loro confronti (ogni atto creativo è implicitamente sempre destabilizzante). Inversamente possono implicitamente o esplicitamente adottare come autodifesa misure cautelative, restrittive o punitive di sistema. Dunque unità "piccole, mobili, intelligenti" (Fripp) e creative vengono viste come una implicita minaccia destabilizzante. Sviluppare una strategia di sopravvivenza è una condizione quindi necessaria e indispensabile; per un qualsiasi vero artista , che per definizione è creativo tutto ciò diventa imperativo. Se, secondo questi presupposti, il malato e la sua malattia venissero tollerati, intercettati come istanze creative e non come forme o forze involutive o distruttive si attuerebbe in questo modo una rivoluzione senza precedenti. La psichiatria in questo modo perderebbe il suo significato autonomo, ambiguo, incomprensibile e il suo ruolo s’invertirebbe scambiandolo con quello della sua utenza, poiché sarebbe essa stessa malata (come in effetti lo è). Ma come può un sistema istituito per uno scopo negare se stesso insieme allo scopo?

In una società come la nostra viviamo perennemente legati a sistemi e strutture che formano attorno a noi una prigione dalla quale ci è impossibile fuggire. L’arte è pura evasione, salutare: porta verso la libertà.

L’arte viene anch’essa vista come una costante implicita minaccia per le strutture di sistema, che hanno solo coerenza di sistema ma non di verità. La legge li tutela. Si può allora dire certamente che legalità non sempre è sinonimo di giustizia. Se la prima è fatta per dettare norme che incentivano la normalità e scoraggino e/o reprimono l’anormale, la seconda può essere solo vista come appannaggio di un ipotetico tribunale presieduto da Dio. La Fede in questo caso potrebbe essere intercettata in modo coerente come una vera e propria malattia.

La legalità di per se stessa può essere invero percepita da un artista come una ingiusta punizione, imposta, senza aver commesso il fatto. In questo caso il reato (sic) è già stato acquisito come prova: "sfuggire" alla norma è già di per se condannabile. A questo punto possiamo stabilire due valori e significati diversi, ma correlati e compatibili fra loro, per il significato di legalità. Il primo, e il più ovvio, è quello che razionalmente, comprensibilmente, facilmente si può desumere ed acquisire da leggi, codici e regole varie. Il secondo è intuibile ma non espressamente circoscritto e/o definibile, deducibile da accadimenti non visibili al primo ma indotti dal sistema ottuso che non può, per l’espletamento della sua funzione che mirare al suo scopo. I "due significati" non si escludono ma si sostengono a vicenda. Di conseguenza diamo questo doppio significato a tutte le parole ambigue come: norma, normalità, dissenso, malato, sano, cura, terapia, emarginazione, ecc.

Documentario antipsichiatria "la vena d'oro" video 1

il cannocchiale

mercoledì 2 dicembre 2009

Biografico

Nacqui sotto il presagio di una cattiva stalla (sic). Mio padre si sposò con mia madre, ovviamente, come era usanza allora. Correvano voci per il paese (allora molto più piccolo e certamente ancor più s-pettegolo di adesso) che mio padre non sarebbe stato capace di assumersi il peso di una famiglia e il ruolo che gli competeva; ciò lo ha reso di certo ancora più indispettito e caparbio di carattere. Non per niente la razza annoverava componenti molto duri e decisi. Nel proprio ruolo di padre-marito-padrone, mio nonno, per esempio, non lesinava di bastonare mia nonna, anche per piccole sciocchezzuole. Tenace e risolutivo senza ripensamenti. Orbene, bisogna precisare che il periodo  storico in cui i promessi sposi stavano per fare il loro illecito passo (illecito poiché non si sono assunti l'onere di chiedere il parere ai figli che avrebbero da quel tristo evento dovuti  nascere) era quello in cui stava terminando la seconda guerra mondiale. Fame, miseria e stenti erano all'ordine del giorno. Quindi, mio padre forgiò il suo carattere in base alla nostra razza e alla necessità impellente del periodo storico. Si adattava a fare di tutto. Insomma mio padre cominciò ad essere stimato dai compaesani, stima che conservò.
Mia madre invece aveva un carattere complementare (fallimentare). Cercava di ammansire l'orco di mio padre. Era molto remissiva e cercava poi di sfogare altrimenti la sua repressione. "Ve lasce com'e pezzejende e me ne vajje!..." era la frase terribile che spesso rivolgeva a noi figli; io l'ultimo arrivato a mettere scompiglio nella casa, spaurito, mi ritrovavo così solo, abbandonato a me stesso, accovacciato, davanti casa, malaticcio, sotto il sole stordente, in atteggiamento meditabondo.  «Tu ce n'i cólepe!...» urlava mio padre contro mia madre, quando veniva a constatare che lei si adoprava di soppiatto a risollevare i propri figli dall'incubo del padre-padrone, sia moralmente che materialmente. Mio padre esigeva dai figli il dovuto: «Questa case ce chiame porte e chi ne porte reste fore da porte...» Crudele come la vita. Mi ricordo che abitavamo in quattro (mia madre, mio padre, mio fratello ed io) in un locale di 3,5 x 4 metri,
pressappoco. Non c'era pavimento e non c'era il bagno, ma soltanto un cesso (buco) con la mattonella sopra per i bisogni impellenti. Nel paese, le condutture per l'acqua ancora non c'erano e perciò veniva distribuita tramite gli acquaioli che provvedevano per il suo prelievo e il conseguente trasporto e distribuzione, dietro un modesto compenso. Il matrimonio non sembrava un matrimonio felice. Ma era una condizione normale... anche a
quei tempi.
   Mi rivedo, infante (3 - 4 anni), sopra un carro insieme a mio padre cercando di avere una risposta ai miei perché. «Papà!... ma 'u sole de San Martine è come quille de Portocannune?...» Stizzito, mi rispose malaccio e cercò  di farmi capire la mia idiozia.

    Spesso mi ammalavo, ero fragile di costituzione. All'età di sei anni (facevo la prima elementare) finii in ospedale per quaranta giorni circa, a causa della vaccinazione  scolastica. Ritornato a scuola, il maestro Ciambrone mi chiedeva cosa avessi mai avuto. Non sapevo cosa dirgli, quale fosse la malattia per cui ero stato ricoverato. Meningite, encefalite a quanto pare. Ero sempre introverso; agli occhi altrui avrei dato certamente l'immagine della tristezza personificata. Una ragazza delle elementari, più o meno della mia stessa età, mi chiese una volta (disinvolta) «ma tu perché piangi sempre?... » Io non piangevo mica. Quello era il mio aspetto ordinario: taciturno e triste. Provai amarezza e vergogna... perché era l'unica faccia che avevo e non potevo
mica cambiarla come fosse un vestito.
   Mi ritrovo così alla terza elementare, imbastito con l'abito della prima comunione... suor Matilde tuonava con voce altisonante, minacciando l'inferno per coloro che non hanno timor di Dio. Le minacce non erano solo paterne ma anche divine, adesso. Un aneddoto curioso e divertente mi capitò alla prima confessione. Il confessore mi poneva delle domande: «hai fatto questo?... » Ed io un po' vergognoso, timidamente rispondevo (cercando involontariamente e no di sminuire) «a volte si e a volte no!...» Notavo l'imbarazzo del prete ma non riuscivo a capirne il perché. Cercava di farmi rispondere in maniera più consona e netta: «si o no?» Ma io ad ogni domanda del «Hai fatto questo?...» Rispondevo sempre «A
volte si e a volte no...
» Comunque la prima e l'ultima comunione mi venne acconsentita.

domenica 29 novembre 2009

La polizia del luogo

Avverto sempre la stessa sensazione quando attraverso le strade del mio paese, a piedi con la macchina o in bicicletta. Mi sembra di essere guardato da tanti occhi che giudicano severi ogni mia mossa, ogni mio gesto. In effetti la gente guarda! non penso che sia solo una sensazione; il paese è piccolo, la gente mormora, le strade parlano, le case confermano... Persone poi che stanno seduti lì, davanti ai bar, senza far niente (probabilmente non sanno fare niente) e che esternano il loro pre-giudizio. Come dice un detto paesano: "se passa un cane a cui gli si è staccata la coda, loro gliela riattaccano".

Dal loro sguardo intuisco che esiste una polizia del luogo invisibile ma pericolosissima, proprio perché non si vede, che sta lì a controllare se procede tutto secondo la norma: il loro modo di pensare fa trasparire, oltretutto, uno scarso quoziente di intelligenza. Sentirsi giudicati e condannati per una colpa additata è il leitmotiv costante che mi angoscia, quella di essere diverso, di fare l'artista, di pensare con la mia testa, di non essere propenso a scendere a compromessi.

Questi mostri che sparlano entrano perciò nella testa delle vittime e (a me personalmente ci sono rimasti per anni) attraverso gli occhi o le orecchie e devastano così sistematicamente tutta la testa del soggetto e ogni altra cosa personale. La privacy viene violata! Ma, dico io!... perché non vi fate un po’ i cazzi vostri! Scusate ma ci voleva proprio!

C’è una lotta furibonda, senza tregua, dentro di me, un vile modo di ragionare oltraggia una sensibilità, un intelligenza artistica, vuole sostituirla con la sua. Un angoscia terribile! che lascia senza respiro, non più tollerabile, e che io sopporto da anni. Sono come gli sguardi di Medusa, pietrificano dalla paura, e, in effetti, sono proprio spaventosi. Così, stando male, per questa loro invasione, li faccio felici. Di tanto in tanto, quando riesco ad avere la meglio, ad essere me stesso, restano contrariati e si arrabbiano molto, cercando in tutti i modi di avere una rivalsa. Però essendo loro poco intelligenti, impegheranno parecchio tempo prima di riorganizzarsi di nuovo per potere poi sferrare, (i maledetti!) un nuovo attacco.

Ormai ho già predisposto le mie difese: L’ironia. Ho imparato che sono allergici al riso così quando cominciano a rompere i coglioni faccio: ah, ah!... una bella risata e non si contano nemmeno ormai più i morti.

Le parole

AMLETO: Per quale uomo stai scavando?
PRIMO CLOWN: Per nessun uomo, signore.
AMLETO: E per quale donna, allora?
PRIMO CLOWN: Per nessuna.
AMLETO: Chi deve essere seppellito lì dentro?
PRIMO CLOWN: Qualcuno che era una donna,
signore. Ma, pace all’anima sua, adesso è morta.
AMLETO: Quant’è meticoloso questo furfante!
Dobbiam parlare secondo le regole, ché altrimenti
le ambiguità avran ragione di noi.

William Shakespeare (Amleto)

Le parole sono come i frammenti di puzzle ogni volta sempre diversi. Io con esse ci faccio un sacco di frasi. Una volta però usate si sporcano, perdendo il loro splendore, così mi tocca pulirle, rilavarle, smacchiarle, ecc... I termini antiquati cerco poi di ridarli una nuova vitalità, somministrandoli dei prodotti appositi a base di vitamine.
Le parole volgari invece le metto da parte e le uso solo quando ce n’è bisogno. Dopo, tutte le parole le rimetto ne loro cassetto, chiuso a chiave. Un giorno mentre tentavo di esprimere il mio dissenso nei confronti dei sistemi e metodi usati dai pubblici ufficiali nei miei confronti mi accorsi che non riuscivo più a trovare le parole, ma dove le avrò mai messe, forse le ho lasciate a casa... vado a vedere adesso se sono là. Arrivato a casa, ecco, apro il cassetto e... stupore! mi accorgo che non ci sono. Eppure le avevo messe accanto ai termini volgari. Qualcuno me le ha rubate, sarà stato il solito deficiente di turno. Ed ora come faccio a dirgliene quattro a quei bastardi? Ho deciso, prenderò le parole più volgari e poi vedremo, vedremo come andrà a finire. Io queste però non le so usare molto bene e così mentre esternavo la mia disapprovazione verso le divise persi il filo del discorso e non mi raccapezzai più. Me lo sentivo che sarebbe andata a finire male, non sono le parole adatte e così cominciai ad urlare. Loro mi presero di forza usando verso di me la parola ‘pazzo,’ mi fecero un T.S.O e fui spedito dritto nel reparto psichiatrico dove abusarono di me, usando altre parole tecniche come ‘psicotico’ ‘paranoico’, ‘ciclotimico’. Se avessi avuto anch’io questo tipo di parole avrei di certo ribattuto parola per parola le stronzate che dicevano su di me, purtroppo i termini tecnici li ho lasciati a casa e se per caso mi mettessi ad usare quelli volgari che ho in tasca, subito mi metterebbero a letto con una buona dose di valium per farmi addormentare.

È proprio strano, - pensavo tra me - non riesco proprio a capire. Se urlo mi prendono per pazzo, se ragiono non mi ascoltano e se sto zitto cominciano a pensare di me quello che vogliono. Non so più che parole usare! ah, ecco, una l’ho trovata: "Aiuto!". Non l’avessi mai detta.
Subito mi legarono a letto per farmi addormentare.
Cominciai a sognare...

Ero a casa, e mentre stavo aprendo il cassetto delle parole... vidi con terrore che erano tutte sparite! persino i termini più volgari, spariti. Rimasi di stucco, senza una parola.

Blob world

Noi "culi comodi" siamo del parere Che la new age sostutuirà la old age. E su questo nostro ottimismo non ci piove.

Verrà la civiltà dell’amore dove il buono e il cattivo si terranno per mano, si baceranno , si ameranno, scambiandosi carezze e tenere parole d’amore. Non ci saranno più bambini dentro i cassonetti dell’immondizia, non ci saranno nemmeno parti gemellari siamesi, e il dottor Marcelletti , che non sempre riesce a risolvere i suoi puzzle, e i dottori in genere con tutto il personale paramedico non avranno più ragione d’esistere perché non ci saranno più malattie né deformità da correggere. Tutti saremo belli e famosi.

Potremmo andare tutti a San Remo per cantare, anche i meno raccomandati, e vinceranno gli ultimi perché saranno i primi. Non ci saranno più bambini morti per fame, né i morti di fame. Non ci saranno più necessarie manifestazioni a favore dell’ambiente poiché avremo un pianeta pulito e splendente.

Tornerà Gesù che non sarà più messo in croce, anzi verrà osannato e ripagato del suo ormai ben trascorso sacrificio. Però la scena più bella e incredibile saranno le effusioni di gioia tra atei e credenti; le varie religioni non si scambieranno più insulti e pistolate ma vivranno in eterna amicizia.

Insomma ci saranno tante di quelle cose positive e solo positive da far venire voglia di prendere il mitra e sparare tra la folla.

Deformità

Io sono come voi mi fate diventare. Ma non potendo esserlo presumo che fra poco avrò una delle mie crisi.

- Esplosione verso la comunità borghese costituita -


Come volete dunque che io sia?
Il vestito che mi avete cucito addosso, più che un abito da sposo, mi sembra un camicia di forza.
E’ la stessa forza che usate contro di me.
- Mi mostrate pietà ma io non ne ho bisogno e vi compatisco, e allora cosa fate?
Mi mostrate disprezzo. Indifferenza.
Perché non vengo accettato per quello che sono?
La mia vita si rivolge contro l’ambiente in cui vivo.
Si dirà poi, ipocritamente con fintotondaggine magari, che è colpa della mancanza di lavoro.
Voglio fare però di testa mia. E’ questo il guaio!
Ma io non riesco più a sopportare questa tiritera, questo duello amletico fra me e la gente, e m'accascio cadendo come al solito nella disperazione.
Corroso dalla peste, nel mio atroce delirio mi ritrovo così solo, accasciato, chiedendo implorante il perdono.

Aiutami tu, donna, io da solo non ne sono capace.
Ma tu non sei abbastanza forte da sopportare la mia disperazione, e così mi rivolgo a Dio.
Ho pregato, ho pregato... ma lui non c’era.

Se Dio è dappertutto - mi chiedevo - come mai non si fa trovare mai? Dio, come parola, si può trovare sulla bocca dei credenti. Alcuni dicono di averlo nel loro cuore. Io penso di avercela con Lui.

Forse sono proprio un indemoniato. Ho nel cuore Il demonio di tutti.

- Tutti lo nascondono così bene -

L'aiuto solidale

Passeggiando il riva al mare un glottologo e uno psichiatra notano qualcosa in mezzo al mare, lì... vicino al molo.

GLOTTOLOGO: - ci sono delle grida concitate, che provengono da... guarda là... quel coso che galleggia e che sembra volere a tratti sparire sott’acqua; andiamo a vedere! - disse eccitato il glottologo allo psichiatra.

Avvicinandosi al molo i due riescono a capire cosa siano quelle urla; c’è un tizio che sta per affogare e che sta gridando.

AFFOGANTE: - Aiuto!...Aiuto!...

GLOTTOLOGO: - Che strano tipo!... cosa ci farà mai lì, in mezzo al mare, tutto solo?...

PSICHIATRA: - Probabilmente ha un carattere e una personalità a-sociale.

GLOTTOLOGO: - E' vero, sembra che parli senza farsi o per non farsi capire.

PSICHIATRA: - Un caso molto interessante! cercherò di prendere appunti per il mio nuovo libro; lo intitolerò: l’"incomprensione e le anomalie del liguaggio nei soggetti a rischio".

AFFOGANTE: - Aiuto!... aiut... Aiu...glugh... glugh...

GLOTTOLOGO: - Guarda poveretto come si agita e che pessima pronuncia!... Evidentemente non c'è stato nessuno che lo abbia mai aiutato a pronunciare le parole correttamente. Il ben parlare è la base della comunicazione e del comprendere. Sento proprio che devo aiutarlo, poveretto, così sarà poi capace di farsi capire

PSICHIATRA: - Mi sembra giusto e doveroso!... ed io poi gli prescriverò dei tranquillanti, in casi del genere sono indispensabili.

GLOTTOLOGO: - Ehi, affogante, adesso l’aiutiamo noi, non si preoccupi - grida il il glottologo affabilmente, e rivolgendosi al suo amico, sottovoce... - adesso gli farò una splendida lezione di dizione, tu intanto puoi studiare i suoi comportamenti, un caso del genere non capita tutti i giorni.

PSICHIATRA: - "Hai proprio ragione!"

GLOTTOLOGO - "Hey, affogante, mi sente?"

AFFOGANTE - "Aiuto, ai... glugh...glugh...

GLOTTOLOGO - Bene, adesso faccia attenzione e ascolta con calma quello che ho da dirle. Deve ricordare che il dittongo "aiu", trittongo per l'esattezza, non va pronunciato in quel modo, devi scandirlo non in quel modo ma come una sola emissione vocale, ehm... come se fosse una sola vocale, hai capito? affogante, mi sente?...

AFFOGANTE: - Aiuto, ah!...

GLOTTOLOGO: - Riprova ancora, ci vuole esercizio, dai, coraggio!

AFFOGANTE: - Aiuto!...Aiutatemi!...

GLOTTOLOGO: - No, non così, cerca di non essere frettoloso, calmati, rilassati, devi capire, che la i è una semivocale... e cerca di non bere...

AFFOGANTE: - Aiuto!... Sto affogando.

GLOTTOLOGO: - Bene vedo che hai fatto già progressi, il dittongo è venuto abbastanza bene, non me lo sarei mai aspettato; ora ti insegno, scusa se ti dò del tu, come si fa a... Hey, affogante mi sente?... Affogante!

AFFOGANTE: - Vaffanculooo!...

GLOTTOLOGO: - Ma, perbacco! le velari vanno pronunciate correttamente, non in quel modo come se avessi l’acqua in bocca; ecco, segua la la mia pronuncia... Hey affogante, mi sente?... Non mi sente. Sembra sparito nel nulla.

PSICHIATRA: - Peccato però, c'erano ottime possibilità di reinserimento, è un proprio un caso limite.
.GLOTTOLOGO: - Che maleducato! Nemmeno a ringraziarci per la nostra attenzione, non si è mostrato memmeno riconoscente per la stupenda lezione di dizione, e gratis per giunta. Che tipo strano, tutto quel suo modo di agitare le braccia, così, molto vistosamente, urlando, addirittura!... forse e soltanto un esibizionista, cercava di attirare l’attenzione o... che fosse uno schizofrenico? Hai annotato i suoi comportamenti?

PSICHIATRA: - Effettivamente è davvero un caso singolare. Il suo comportamento convulsivo psico-mortorio, cioè volevo dire psico-motorio, rivela certamente una disfunzione organolettica neuronale, presumibilmente dovuta al vissuto traumatico o ad esperienze mnestiche risalenti alla prima infanzia. Certamente è una caso che si sarebbe potuto trattare con una buona somministrazione di benzodiazepine o, più in generale, di antipsicotici, vista la sua inequivocabile tendenza alla schizofrenia cronica. Avrei voluto fargli un po’ di anamnesi ma è sparito così, nel nulla. Uno cerca di aiutarli, poveretti!... ma poi non si dimostrano malleabili e nemmeno riconoscenti verso chi gli dà "aiuto solidale". Fuggono... da se stessi. Si dileguano. Fa parte della loro malattia, che vogliamo farci!

GLOTTOLOGO: - E’ stupendo! Tutte questa terminologia mi fa impazzire, cioè... volevo dire mi affascina. Comunque è sicuramente un personalità anti-sociale.

PSICHIATRA: - Certo! Se si fosse mostrato un po’ più disponibile gli avrei praticato un trattamento elettro-convulsivante oppure una somministrazione di psicofarmaci per il disturbo specifico. Peccato che la buona vecchia leucotomia non si pratica più.

GLOTTOLOGO: - Comunque si è fatto tardi, mi è venuta fame. Sento un certo languorino! Se non le dispiace la vorrei invitare a pranzo.

PSICHIATRA: - D’accordo, accetto l’invito.

GLOTTOLOGO: - Che bello! Così potremo continuare la nostra conversazione sulle anomalie del linguaggio e le psicosi latenti che abbiamo studiato di questo strano caso.

PSICHIATRA: - allora - con tono scherzoso - cosa si mangia?

GLOTTOLOGO: - Vedrai una vera squisitezza, mia moglie sta preparando un piatto prelibato che solo lei sa fare così particolarmente bene.

PSICHIATRA: - Cosa ci aspetta a tavola dunque?

GLOTTOLOGO: - Polipi affogati!

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Igienismo




L’Igienismo è una corrente di pensiero che vede nei fattori naturali (aria, luce, acqua, cibi biologici, diete depurative a base di frutta e verdura, digiuni) la condizione necessaria e indispensabile per un stato di salutate ottimale. La sua teoria si basa sul concetto di energia vitale.

Quando nell’organismo c’è uno stato di intossicazione in crescendo l’energia vitale si abbassa in modo inversamente proporzionale provocando quella che viene definita malattia.

Che sia un influenza, un infiammazione, un ulcerazione, ecc..., non ha grande rilevanza per la sua comprensione. Il suo significato è chiaro: è un allarme che l’organismo mette in moto per farci capire che qualcosa non va in quello che stiamo facendo. Magari abbiamo abusato per troppo tempo di cibi non naturali, li abbiamo
combinati male, viviamo magari in un ambiente insalubre, inquinato,...

Fatto sta che per l’Igienismo la malattia, anche se può avere un effetto più o meno guastante, resta sempre e comunque uno sforzo del corpo per liberarsi della tossiemia, poiché se così non fosse morirebbe. Quindi secondo quest’ottica si può dire paradossalmente che la malattia in effetti viene per guarire. L’unica vera malattia è invero la tossicosi. E’ ovvio che la malattia può essere anche un fatto accidentale che non riguarda, almeno non strettamente, la tossiemia, come può essere un trauma una malformazione, ecc.... I fattori naturali, le diete depurative e i digiuni riescono ad eliminare l’intossicazione producendo il rialzo di energia vitale e ripristinando così lo stato di salute.
Il digiuno mette nelle condizioni ideali l’organismo per liberarsi nel modo più veloce ed efficace dalla tossiemia.

Durante il digiuno si avvertono dei fenomeni particolari: l’alito emana un cattivo odore, l’orina diventa sempre più di un colore scuro, sulla lingua si forma una patina biancastra, il sudore emana un cattivo odore ( sintomi questi che rivelano un processo di smaltimento della tossicosi).
Ci sono poi altri sintomi che possono essere avvertiti e che variano da persona a persona, alcuni definibili altri un po’ meno, che restano però sempre un indizio che qualcosa nell’organismo sta avvenendo. Esiste insomma una intelligenza somatica (del corpo) che mette in moto meccanismi fisiologici che solo durante il digiuno possono essere attuati (se non altro in modo così efficace). Sembra che questo tipo di intelligenza sia localizzata nell’ipotalamo secondo Sebastiano Magnano.

La malattia può essere suddivisa in diversi stadi: "infiammazione", "ulcerazione", "ispessimento", (...) e in ultimo c’è il cancro. Un infiammazione protratta per molto tempo può portare quindi a un ulcerazione e questa se rimane può portare all’ispessimento e infine al cancro. Fatto sta che la malattia è sempre un atto, seppur disperato, di sopravvivenza del corpo, essa non va curata ma va capita.

I farmaci, il fumo, l’acool, le spezie piccanti, il cibo non appropriato, l’inquinamento,..., ostacolano e ritardano il processo di autoguarigione.
Generalmente dopo solo due o tre giorni di digiuno viene a cessare l’impulso della fame. Il digiuno può essere secco, idrico, parziale, completo. Durante quello secco non si assume nessun liquido, neanche l’acqua. Quello parziale consiste invero in una dieta ristretta a base di sola frutta, succo di frutta, verdura cruda o succo di verdura. Infine il digiuno completo è quello protratto fino al ritorno della vera fame, che è un impulso irresistibile verso il cibo. Il digiuno di certo non si improvvisa, ci vorrebbe un posto ideale, tranquillo, magari insieme ad altri digiunanti con cui si possono scambiare le proprie esperienze. Non bisognerebbe farlo invece se non si è convinti, per esempio a casa dove ci sono famigliari apprensivi che ti stanno addosso con le loro preoccupazioni, facendo solo poi innervosire, il che non è in sintonia con la pratica e l’idea del digiuno.

Il digiuno produce oltre alle reazioni fisiologiche summenzionate, anche abreazioni psichiche: ricordi lontani che sembravano dimenticati ritornano alla luce, si possono avere crisi di pianto, altri fenomeni reattivi che variano da soggetto a soggetto. Va da sé che in persone cosiddette disturbate emotivamente il digiuno fa bene di certo però dovrebbe essere seguito preferibilmente da un medico igienista magari che sia anche psicologo o analista.
Lui può così constatare gli eventuali sviluppi particolari di sintomi che sconsigliano il protrarsi oltre di tale pratica. Il digiuno in effetti provoca dei cambiamenti e dei rimaneggiamenti, l’intelligenza somatica ne approfitta per fare le pulizie, per aggiustare... Il digiuno riequilibra le funzioni organiche portandole al massimo dell’efficienza che è direttamente proporzionale alla sua durata. Il digiuno è un arte come suole dirsi, quindi va fatto con criterio, senza strafare e senza abusare. La fine del digiuno e i giorni immediatamente seguenti sono molto importanti per la rieducazione al mangiare. Si interrompe un digiuno generalmente con succhi di frutta o verdura, o solo frutta o verdura cruda. La ripresa alimentare è altresì molto importante deve essere graduale e non si deve mangiare abbondante o cibi non indicati quali cereali, cibi proteici, ecc... Sono da evitare assolutamente insaccati, carne, formaggi stagionati, ecc.... Questa attenzione verso la
ripresa dell’alimentazione deve essere maggiore per i digiuni di lunga durata. Interrompere un digiuno con alimenti impropri può essere pericoloso, addirittura mortale. In effetti il corpo si deve riabituare all’assunzione del cibo; per esempio la peristalsi intestinale che prima si era interrotta ricomincia ora a funzionare. Il ritorno al mangiare significa invero una riscoperta dei valori alimentari, c’è la tendenza spontanea ad assaporare meglio cibi semplici naturali, quali possono essere frutta e verdura, ed a evitare quelli più artefatti.

Quaranta giorni di digiuno è generalmente il tempo massimo che un individuo medio può tollerare oltre il quale si entra in una fase cosiddetta di inanizione.

Durante il digiuno l’organismo si nutre con le sue riserve nutritive accumulate, consuma grassi e anche cisti, tumori benigni: i tessuti vengono consumati in un ordine inverso alla loro importanza. Gli organi vitali e i muscoli non vengono consumati se non in una percentuale molto stretta. (Secondo gli igienisti durante un digiuno prolungato si può perdere anche il 40% del peso corporeo senza rischi per la salute, però è bene attenersi, a scopo precauzionale ad una percentuale un po’ più bassa).

Invece nella fase di inanizione il corpo comincia a portare avanti questo processo di autolisi, iniziando ad intaccare organi vitali quali cuore, fegato, cervello... In effetti digiuni prolungati, specialmente per i meno esperti, andrebbero assistiti da un medico igienista poiché il corpo in queste condizioni come afferma Sebastiano Magnano è "soggetto a forze naturali spontanee", non coscienti e non direttamente, facilmente, gestibili dalla volontà.

Un altro tipo di digiuno cosiddetto terapeutico è quello che viene praticato per "curare" vari tipi malattie. In effetti il digiuno non cura qualcosa di specifico ma mette solo il corpo nelle condizioni ottimali per attuare le sue difese e potenzialità auto-guaritrici portandole al massimo livello di difesa ed efficacia.
Bisogna sfatare inoltre il luogo comune (assurdo) e cioè che il digiuno indebolisce l’organismo potendo causare danni e facilitando malattie. Nei piccoli digiuni generalmente si avverte al contrario una rinnovata energia. In quelli più lunghi invece, la debolezza che il digiunante può avvertire è solo apparente giacché la maggior parte dell’energia disponibile viene convogliata dall’organismo verso
l’interno per lo smaltimento della tossiemia. E’ come se il corpo approfittasse di queste condizioni favorevoli per potere svolgere il suo compito e attuare così il piano dell’intelligenza somatica: fare le pulizie, riparare i guasti, riequilibrare l’organismo.

Invero per i lunghi digiuni la disintossicazione può essere portata a un livello così alto di eliminazione tale da provocare sintomi reattivi che potrebbero sconsigliare a volte il proseguimento del digiuno.

Le combinazioni alimentari per l’Igienismo sono di primaria importanza. Non bisogna combinare mai alimenti fra di loro incompatibili come proteine con amidi, amidi con frutta, proteine con frutta, proteine con grassi ecc... Un pasto composto da solo un alimento semplice, naturale non affaticherà la digestione, farà diminuire la tossiemia, rialzando il livello di energia vitale. Al contrario diete squilibrate, alimentazione caotica e disordinata produrranno oltre all’affaticamento digestivo, un forte aumento dell’intossicazione nel sangue, nelle cellule, facendo abbassare così il livello di energia vitale, che oltre un certo limite provocherà la malattia.

Purtroppo nella vita odierna, così stressante, dove non manca mai l’inquinamento, problemi,.... e difficile attuare pienamente questo modello di pratica igienista. Però l’individuo può attingervi da esso informazioni ed esperienze che gli saranno poi molto utili per la sua salute.

La medicina ufficiale secondo Magnano anch’essa sta prendendo in seria considerazione i fattori naturali, l’alimentazione a base di frutta e verdura, e ha tendenza a rivedere il concetto stesso di malattia, forse perché pressata da una certa evidenza di fatti, che non può nascondere né a se stessa né ai suoi utenti.

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La scienza medica si basa sul metodo scientifico. Esso non è il solo metodo di indagine possibile, esiste anche il metodo empirico. Se una cosa funziona in modo così evidente non si può di certo dire: poiché non è dimostrabile scientificamente essa non può essere vera o attendibile. Sul digiuno però sono stati fatti studi seri. Diversi studiosi in ogni parte del mondo hanno confermato le ipotesi e le pratiche igieniste. L’abbondanza di cibo ingerita, la cattiva combinazione degli alimenti,ecc... diminuisce la longevità e diminuisce la capacità dell’organismo di stare in uno stato di salute permanente. Nonostante i mezzi di informazione non parlano quasi mai di queste insolite pratiche alternative l’Igienismo si sta sempre più diffondendo. La medicina ammette generalmente che la malattia è provocata dai virus, bacilli,... Una faringite è provocata per esempio da un virus che è sempre presente nella bocca; perché allora attacca solo in certi momenti? Causa di un colpo d’aria come si è soliti dire? Il freddo in effetti riduce la capacità del corpo di smaltire la tossiemia, però non può essere causa di un influenza ma semmai è solo la goccia che fa traboccare il vaso. L’intossicazione già aveva raggiunti livelli di guardia; è bastato un colpo d’aria a provocare la malattia. Quindi non è propriamente questo che l’ha provocata. E guarda caso le influenze arrivano coi loro cangianti nomi puntuali proprio nel periodo più freddo dell’anno dove si mangia di più, si fanno abbuffate alimentari. La medicina anche se è dotata di mezzi fantascientifici, supportata dalle industrie farmacologiche e riconosciuta dallo stato quasi come unica fonte per il mantenimento della salute pubblica, commette un pecca molto grave: ignora paradossalmente la vera causa della malattia.  Nell’Igienismo lo stato di salute è delegato all’individuo, invece nella medicina viene gestito dal sistema, dal sapere medico.

In effetti si sa solo quello che è dimostrato scientificamente. Quante cose invece funzionano e sono efficaci anche se non dimostrabili? Nella medicina cosiddetta alternativa non viene preso quasi mai in considerazione l’Igienismo forse perché è la pratica più efficace per il mantenimento della salute.

Se il digiuno (un niente) può ridonare una splendida salute cosa ne sarebbe mai delle industrie farmacologiche, dei medici? In effetti ogni sistema costituito contraddirà lo scopo della sua creazione. "Il suo primo scopo - direbbe Fripp - sarà quello di autoperpetuarsi". Il sistema industriale-medico-farmacologico istituito per la salute pubblica sarà quindi rivolto verso sé stesso. Il denaro poi fa muovere interessi colossali che negheranno certe evidenti realtà che potrebbero ostacolarli.

L’informazione è solo prevalentemente dedita a dare notizie strabilianti riguardo alle nuove frontiere mediche e a negare pratiche invece molto più semplici, essenziali, efficaci, magari anche più importanti. La medicina quindi ha tutti i mezzi, tutto il potere per pubblicizzare i suoi metodi per acquisire il monopolio della salute
pubblica
. Ciò che le manca è una predisposizione al buon senso, un incapacità ad essere un po’ più umile e riconoscere i propri limiti. Per quel che riguarda la causa della malattia e la sua cura la ricerca medica si rivolge ormai alla genetica. Tutto è studiato, è predisposto ma la causa della malattia resterà sempre ignorata diventando così sempre più un evento imprevisto e fatale. Ignorare un evidenza (per ignoranza o per interessi) rivolgendo studi e tecnologie verso una possibile verità da trovare, non evidente ma tutta da ricercare, equivale a dimostrare la propria inadeguatezza, la propria presunzione. Si parla spesso di mala sanità come errori presunti di diagnosi e/o pratiche mediche, ma non si parla però mai delle false premesse su cui è basata la medicina. Secondo questa il microbo, il batterio, dovrebbe produrre la malattia e non la tossicosi che è il suo terreno fertile. In effetti l’aumento della tossicità farà moltiplicare i virus che non sono di per se stessi agenti patogeni ma semmai avranno una qualche utilità nella malattia stessa che ha un significato diverso da quello attribuitole dalla medicina. In effetti "la malattia viene per guarire", per ripulire il corpo, il sangue, le cellule dalla tossiemia. L’esperienza comunque mi ha insegnato a diffidare della sapienza dei dottori. L’igienista e dottore S. Magnano asserisce che buona parte della medicina e buona parte della chirurgia ha una sua validità e una sua giusta ragione d’esistere. Io comunque, non essendo dottore e non sapendo cosa prendere per buono, ho sempre la tendenza a diffidare della classe medica. Penso che se io sono ancora vivo lo devo proprio a questa mia sfiducia.
I migliori medici di noi stessi restiamo sempre noi. Delegare agli altri la propria salute è come intestare un un proprio conto in banca ad estranei.
Dottore mi dica come mi sento.
Io non mi sento. Dottore mi sente?
Devo partorire, non so come fare!
Dottore mi dica lei, come sto?
Dottore mi dica come mi sento.
Io non mi sento. Dottore mi sente?
Mi partorisca lei per favore!

L’Igienismo dunque svela una realtà un po' scomoda. Se tutti vivessero nutrendosi di cibi sani, naturali, si istruissero sull’arte del digiuno, cercassero di sfruttare i fattori ambientali naturali (aria, luce, acqua) per il mantenimento della propria salute accadrebbe certamente che più del 90% dei medici e paramedici resterebbero disoccupati, le industrie farmaceutiche collasserebbero; non so cosa potrebbe succedere in borsa, non so se potrebbero accadere crisi politico-economiche, fatto sta che il mostruoso giro di affari a livello planetario che si fonda sulla salute della gente sarebbe sradicato. E’ un sogno? Purtroppo c'è interesse di parte a non far sapere, e l’informazione sulla salute è prevalentemente gestita dalla medicina che a sua volta soggiace al potere economico delle grandi industrie farmaceutiche.

Ho sentito un giorno alla televisione un giornalista che ha fatto una domanda specifica a un dottore, era il periodo delle festività natalizie e si parlava delle ovvie abbuffate che avvengono come al solito in questi giorni. Si parlava di rimedi e di cure possibili contro il malessere postumo per questo strafare alimentare, si discuteva sulle ipotetiche soluzioni per un eventuale influenza che secondo i medici doveva colpire proprio in questo periodo. La domanda era pressappoco questa: "il digiuno può servire per smaltire gli spropositi fatti durante le feste oppure per curare l’influenza?" Il dottore con un aria di sufficienza rispose secco: "No" Ho letto tra le righe e ho capito che l’Igienismo stava prendendo sempre più coscienza nella gente e infatti la mia ipotesi è stata avvalorata dopo avere scoperto su internet il sito dedicato alla "Scuola della Salute". Questa associazione adotta pratiche igieniste e altre tipi di terapia naturali e parlava appunto del fatto che l’associazione era molto accresciuta negli ultimi tempi. E’ solo una mia supposizione? Quando qualcosa è scomodo per i potenti l’informazione del potere informa. Perciò io dico diffidate di chi vi informa! Riprendetevi la gestione della vostra salute.

Si tratta solo di restituire all’individuo e al suo corpo la sua capacità e la sua facoltà di auto-guarigione. Bisognerebbe più credere in noi stessi, nel potere del nostro organismo che messo nelle condizioni ideali può sviluppare una formidabile salute. Bisognerebbe cominciare a diffidare dei medici, qualche volta azzeccano pure la terapia ma, secondo il mio parere, il più delle volte rovinano le persone. La gente andrebbe educata, informata, incentivata a responsabilizzarsi per la propria salute.
L’Igienismo può essere una risposta vincente e convincente per attuare questi presupposti.
Link utile: Scuola della Salute diretta da Sebastiano Magnano

L'uomo animale sociale

"...e mentre anche se costretto a chiedere la carità, un uomo può essere e rimanere libero, nessuno mai può essere libero se costretto a essere simile agli altri." (Oscar Wilde (1856-1900))

Si dice spesso che l'uomo, in quanto specie, non può vivere solitario, adducendo prove e ri-prove a favore di questa tesi. È uno strano dogma culturale questo, così radicale e radicato nel mentalità ordinaria. L'uomo: essere sociale. La storia ci insegna raccontandoci delle guerre, di crimini atroci, smentendo di sana pianta questa becera visione acritica e asfittica del becero logos comune. Come se il più importante rapporto che possa instaurare l'essere umano sia quello col suo simile e non con il mondo, non specificamente di creazione umana, ma semmai naturale.  " L'uomo non può vivere da solo" è una bella cavolata. Chi è che lo stabilisce? E' più probabile invece che non possa vivere nell'odierna civiltà che lo esaspera mettendolo a dura prova giorno dopo giorno. Chi fra noi non ha mai sognato un isola deserta dove poter trascorrere tutto il tempo lontano dai quotidiani grattacapi? Robinson Crosué è sempre fra noi pronto a scappare, diventando un altro ricercato, un altro dei tanti casi, (apparentemente misterioso) da risolvere, dando così materia prima alle  trasmissioni televisive del tipo "chi l'ha visto".

La solitudine viene vista come qualcosa di estremamente negativo, come una forma di malessere dell'anima, una fuga dal mondo, un introversione che ci sprofonda nella depressione senza fine. Per esperienza so che non è così, anzi semmai ho sperimentato il contrario. La gente in fondo guarda le apparenze. Con la gente si potrà instaurare generalmente un rapporto per forza di cosa per lo più superficiale, magari di tipo evasivo, perdendo di vista il proprio centro vitale ed essenziale. Si può scherzare, ridere, divertirsi, discutere, instaurare
rapporti interpersonali, ecc..., però fatto sta che il centro restiamo sempre noi ed essendo esseri naturali riusciamo a stare bene solo instaurando un rapporto naturale e spontaneo verso il mondo, essendo noi animali uomini parte di quello. Se l'ambiente umano è troppo deteriorato la solitudine allora può rappresentare un'ancora (l'unica) di salvezza. Se ammettiamo, come è giusto, che la spontaneità è l'anima dello stare bene, dobbiamo per forza trarre le conclusioni che, se si vuole vivere bene e vivere a lungo, bisogna stare lontano dagli usi e costumi del regime societario, troppo alienante e paradossalmente non a misura d'uomo. Detto ciò potrei sembrare un misantropo (e forse lo sono) ma la pelle è "numero uno" e se per salvarmi devo misantropare allora misantropo, misantropo.

La scienza medica

"Avviene ciò che è avvenuto nei manicomi di tutto il mondo: liberi di agire senza alcun vincolo né morale, né etico, né tantomeno legale, gli psichiatri hanno pensato, realizzato e gestito dei grandi campi di concentramento con il fine di punire, controllare e far cambiare idea a persone che, in un modo o nell’altro, trasgredivano le leggi scritte e non scritte su cui si fonda il nostro vivere civile. Il fine esplicito della psichiatria sembra quello di trasformare le persone, tenendo conto non delle loro personali intenzioni e volontà, ma delle esigenze di chi sta loro intorno.
In questo senso credo si possa dire che non c’é uso della psichiatria che non sia in sé un abuso". (G. ANTONUCCI)

1.Ogni sistema si fissa al momento del suo inizio.
2.Una volta stabilito, il primo scopo di un sistema contraddirà lo scopo per la quale è stato creato: per esempio, il suo primo scopo diviene l'auto-perpetuazione.
3.Ogni sistema stabilito percepisce un elemento creativo come una implicita minaccia, poiché un elemento creativo incrementa il pericolo, e così la possibilità di un cambio all'interno dello status quo. (Robert Fripp)

Vorrei sollevare delle obiezioni riguardo a degli assiomi della scienza medico-psichiatrica. Tralasciando la questione spinosa dell’utilità o meno degli psicofarmaci.

- Il malato deve essere curato per guarire.
- I sintomi sono indizio di alterazioni mentali.

Poniamo altri due assiomi discordanti con i suddetti.

- Il malato guarisce da solo.
- I sintomi sono l’inizio di un abreazione, di una catarsi.

Perché non potrebbero essere validi i secondi? Cos’è che dà la certezza alla classe medico-psichiatrica di giudicare una persona, un essere umano, dai sintomi? Il sapere scritto sui libri? L’esperienza quotidiana del contatto diretto con i pazienti? Parlare della mente è ben altro che reputare scienza dei concetti e degli usi che oggettivano una qualità non definibile, non quantificabile.

La psicologia non è una scienza esatta, anzi né scienza, né esatta. La psicologia è ideologia: un mezzo di controllo sociale. Orbene, poniamo che una psicoterapia duri un certo lasso di tempo, al termine del quale l’analizzato risulterà guarito. La stessa distanza di tempo l’avrebbe guarito senza l’intervento dell’analista?

La psichiatria giudica il malato ma non se stessa. In effetti l’unico giudizio sicuro che si possa esprimere è proprio quello nei riguardi della psichiatria perché è un oggetto, ha un sua obiettiva realtà storica e concettuale. Le varie correnti di pensiero delle varie scuole hanno poi, molto spesso, una vistosa discordanza fra loro nelle teorie e nei metodi applicati. Si insegna a giudicare, si impara a controllare. I docenti di psicologia vengono analizzati per anni, educandoli, facendoli poi diventare giudici e difensori implacabili della norma.

Se i sintomi sono un processo dinamico di una abreazione, di una reazione a un trauma, perché non lasciarli scorrere nella loro giusta direzione naturale, spontanea, invece di soffocarli con le cure? Perché intervenire se non si conosce, né si può del resto conoscere, la soggettività del malato? Le cure non potrebbero allora peggiorare lo stato di salute del paziente?

Razionalità


"Il mio orrore per la tecnologia finirà per farmi arrivare all'assurda credenza in Dio." (Luis Bunuel)

Non è obbligatorio credere in Dio, in virtù del quale possiamo così essere distinti in atei e credenti, laici e clericali. Giustamente. Guai però a non credere nella scienza! (Carlo Giordano)

" Che senso può avere l'affannarsi per qualche cosa che tende verso l'annientamento?" (Raphael)

[...] Una società basata sul consumismo o sulla dittatura del materialismo corporale-formale è una società che evade il problema di fondo, che cerca di stordirsi ma non di risolversi e ritrovarsi. (Raphael)

Comunemente il ‘modo di fare’ per raggiungere un qualsiasi ‘obiettivo’ è quello che si rapporta alla razionalità. Tutto viene sistematicamente e preventivamente studiato. Siamo in effetti circondati da miriadi di oggetti che sono il frutto di questo studio. Abbiamo sistemi e modelli (sociali, economici, politici, religiosi ecc...). Ovunque si posa lo sguardo c’è una marea di cose pensate, oggetti costruiti per una specifica utilità. Ovunque ‘spostiamo’ la nostra immaginazione non possiamo fare a meno di constare che tutto è predisposto a una finalità prettamente ‘ragionata’. Ciò che opera nell’arte è invece un ‘intuizione’, un metalinguaggio di ordine superiore. E’ come disfare un mondo ordinario per far posto ad un 'altro' mondo .

Esiste una condizione e un modo di esprimere la propria essenza che non è riconducibile a un sistema logico-razionale di programmazione, costruzione e commercializzazione del ‘prodotto’. Quello che ‘l’anima’ produce comunica attraverso un ‘moto interno imperscrutabile’. La nostra civiltà è così poco propensa alla Fede, all’irrazionalità ( sistematicamente repressa).

Ma ciò che vogliamo nascondere o relegare ai margini torna prepotente a scompigliare le nostre ‘ovvietà’ quotidiane. Chi o cosa crea destabilizzazione dovrà per forza essere messo al ‘bando’ e a tale proposito ci sono strutture adeguate che hanno proprio la funzionalità di tenere a bada certe ‘incongruenze irrazionali’ . Esistono leggi, decreti, codici, ecc...Ci sono per i trasgressori pene pecuniarie, sistemi carcerari, detenzione psichiatrica, e chi più ne ha più ne metta: e la società costituita ha tutti gli strumenti adeguati a tale proposito. E’ molto difficile essere ‘veri’ in un mondo che ci mette nelle condizioni del ‘si salvi chi può’. Dobbiamo tutti per forza sviluppare una strategia di sopravvivenza.

I ‘professoroni’ blatterano fingendo di saperla lunga sulle questioni etico-morali, su come migliorare la produttività, come creare nuove imprese, nuovi posti di lavoro, ma ciò che resta ‘al di là’ da questo caos razionale rimane relegato nell’al di là e se per caso accidentalmente accedesse nell’al di qua’ subirebbe di certo una censura, una deformazione poiché incrementerebbe il pericolo di una destabilizzazione, a meno che il sistema non riesca ad assorbirlo e a reintegrarlo.

Un unità creativa per un ‘vizio’ di natura è difficile da inglobare, da tenere a bada poiché per definizione è in evoluzione dinamica, difficile da catturare, crea squilibrio nello status quo, ‘devasta’ i ‘luoghi’ consuetudinari. Ma la società in effetti ha bisogno di avere alle sue dipendenze unità creative ‘controllabili’, basti pensare a quanti artisti, scienziati e uomini di cultura hanno formato il nostro patrimonio umano-culturale insostituibile.

E’ sappiamo, e la storia ci insegna, come molto spesso venivano trattati questi uomini che hanno stravolto con le loro idee e opere il sussiego della società del loro tempo. Una volta passata la fase ‘destabilizzante’ si passava alla fase successiva e cioè quella di ‘reintegrazione’. Bisogna far pagare un prezzo a chi osa mettere in discussione i dogmi acquisiti. Tanti prometei hanno costruito e messo a punto un mondo che a noi appare ovvio, ma che in effetti non lo è mai stato.