domenica 29 novembre 2009

La polizia del luogo

Avverto sempre la stessa sensazione quando attraverso le strade del mio paese, a piedi con la macchina o in bicicletta. Mi sembra di essere guardato da tanti occhi che giudicano severi ogni mia mossa, ogni mio gesto. In effetti la gente guarda! non penso che sia solo una sensazione; il paese è piccolo, la gente mormora, le strade parlano, le case confermano... Persone poi che stanno seduti lì, davanti ai bar, senza far niente (probabilmente non sanno fare niente) e che esternano il loro pre-giudizio. Come dice un detto paesano: "se passa un cane a cui gli si è staccata la coda, loro gliela riattaccano".

Dal loro sguardo intuisco che esiste una polizia del luogo invisibile ma pericolosissima, proprio perché non si vede, che sta lì a controllare se procede tutto secondo la norma: il loro modo di pensare fa trasparire, oltretutto, uno scarso quoziente di intelligenza. Sentirsi giudicati e condannati per una colpa additata è il leitmotiv costante che mi angoscia, quella di essere diverso, di fare l'artista, di pensare con la mia testa, di non essere propenso a scendere a compromessi.

Questi mostri che sparlano entrano perciò nella testa delle vittime e (a me personalmente ci sono rimasti per anni) attraverso gli occhi o le orecchie e devastano così sistematicamente tutta la testa del soggetto e ogni altra cosa personale. La privacy viene violata! Ma, dico io!... perché non vi fate un po’ i cazzi vostri! Scusate ma ci voleva proprio!

C’è una lotta furibonda, senza tregua, dentro di me, un vile modo di ragionare oltraggia una sensibilità, un intelligenza artistica, vuole sostituirla con la sua. Un angoscia terribile! che lascia senza respiro, non più tollerabile, e che io sopporto da anni. Sono come gli sguardi di Medusa, pietrificano dalla paura, e, in effetti, sono proprio spaventosi. Così, stando male, per questa loro invasione, li faccio felici. Di tanto in tanto, quando riesco ad avere la meglio, ad essere me stesso, restano contrariati e si arrabbiano molto, cercando in tutti i modi di avere una rivalsa. Però essendo loro poco intelligenti, impegheranno parecchio tempo prima di riorganizzarsi di nuovo per potere poi sferrare, (i maledetti!) un nuovo attacco.

Ormai ho già predisposto le mie difese: L’ironia. Ho imparato che sono allergici al riso così quando cominciano a rompere i coglioni faccio: ah, ah!... una bella risata e non si contano nemmeno ormai più i morti.

Le parole

AMLETO: Per quale uomo stai scavando?
PRIMO CLOWN: Per nessun uomo, signore.
AMLETO: E per quale donna, allora?
PRIMO CLOWN: Per nessuna.
AMLETO: Chi deve essere seppellito lì dentro?
PRIMO CLOWN: Qualcuno che era una donna,
signore. Ma, pace all’anima sua, adesso è morta.
AMLETO: Quant’è meticoloso questo furfante!
Dobbiam parlare secondo le regole, ché altrimenti
le ambiguità avran ragione di noi.

William Shakespeare (Amleto)

Le parole sono come i frammenti di puzzle ogni volta sempre diversi. Io con esse ci faccio un sacco di frasi. Una volta però usate si sporcano, perdendo il loro splendore, così mi tocca pulirle, rilavarle, smacchiarle, ecc... I termini antiquati cerco poi di ridarli una nuova vitalità, somministrandoli dei prodotti appositi a base di vitamine.
Le parole volgari invece le metto da parte e le uso solo quando ce n’è bisogno. Dopo, tutte le parole le rimetto ne loro cassetto, chiuso a chiave. Un giorno mentre tentavo di esprimere il mio dissenso nei confronti dei sistemi e metodi usati dai pubblici ufficiali nei miei confronti mi accorsi che non riuscivo più a trovare le parole, ma dove le avrò mai messe, forse le ho lasciate a casa... vado a vedere adesso se sono là. Arrivato a casa, ecco, apro il cassetto e... stupore! mi accorgo che non ci sono. Eppure le avevo messe accanto ai termini volgari. Qualcuno me le ha rubate, sarà stato il solito deficiente di turno. Ed ora come faccio a dirgliene quattro a quei bastardi? Ho deciso, prenderò le parole più volgari e poi vedremo, vedremo come andrà a finire. Io queste però non le so usare molto bene e così mentre esternavo la mia disapprovazione verso le divise persi il filo del discorso e non mi raccapezzai più. Me lo sentivo che sarebbe andata a finire male, non sono le parole adatte e così cominciai ad urlare. Loro mi presero di forza usando verso di me la parola ‘pazzo,’ mi fecero un T.S.O e fui spedito dritto nel reparto psichiatrico dove abusarono di me, usando altre parole tecniche come ‘psicotico’ ‘paranoico’, ‘ciclotimico’. Se avessi avuto anch’io questo tipo di parole avrei di certo ribattuto parola per parola le stronzate che dicevano su di me, purtroppo i termini tecnici li ho lasciati a casa e se per caso mi mettessi ad usare quelli volgari che ho in tasca, subito mi metterebbero a letto con una buona dose di valium per farmi addormentare.

È proprio strano, - pensavo tra me - non riesco proprio a capire. Se urlo mi prendono per pazzo, se ragiono non mi ascoltano e se sto zitto cominciano a pensare di me quello che vogliono. Non so più che parole usare! ah, ecco, una l’ho trovata: "Aiuto!". Non l’avessi mai detta.
Subito mi legarono a letto per farmi addormentare.
Cominciai a sognare...

Ero a casa, e mentre stavo aprendo il cassetto delle parole... vidi con terrore che erano tutte sparite! persino i termini più volgari, spariti. Rimasi di stucco, senza una parola.

Blob world

Noi "culi comodi" siamo del parere Che la new age sostutuirà la old age. E su questo nostro ottimismo non ci piove.

Verrà la civiltà dell’amore dove il buono e il cattivo si terranno per mano, si baceranno , si ameranno, scambiandosi carezze e tenere parole d’amore. Non ci saranno più bambini dentro i cassonetti dell’immondizia, non ci saranno nemmeno parti gemellari siamesi, e il dottor Marcelletti , che non sempre riesce a risolvere i suoi puzzle, e i dottori in genere con tutto il personale paramedico non avranno più ragione d’esistere perché non ci saranno più malattie né deformità da correggere. Tutti saremo belli e famosi.

Potremmo andare tutti a San Remo per cantare, anche i meno raccomandati, e vinceranno gli ultimi perché saranno i primi. Non ci saranno più bambini morti per fame, né i morti di fame. Non ci saranno più necessarie manifestazioni a favore dell’ambiente poiché avremo un pianeta pulito e splendente.

Tornerà Gesù che non sarà più messo in croce, anzi verrà osannato e ripagato del suo ormai ben trascorso sacrificio. Però la scena più bella e incredibile saranno le effusioni di gioia tra atei e credenti; le varie religioni non si scambieranno più insulti e pistolate ma vivranno in eterna amicizia.

Insomma ci saranno tante di quelle cose positive e solo positive da far venire voglia di prendere il mitra e sparare tra la folla.

Deformità

Io sono come voi mi fate diventare. Ma non potendo esserlo presumo che fra poco avrò una delle mie crisi.

- Esplosione verso la comunità borghese costituita -


Come volete dunque che io sia?
Il vestito che mi avete cucito addosso, più che un abito da sposo, mi sembra un camicia di forza.
E’ la stessa forza che usate contro di me.
- Mi mostrate pietà ma io non ne ho bisogno e vi compatisco, e allora cosa fate?
Mi mostrate disprezzo. Indifferenza.
Perché non vengo accettato per quello che sono?
La mia vita si rivolge contro l’ambiente in cui vivo.
Si dirà poi, ipocritamente con fintotondaggine magari, che è colpa della mancanza di lavoro.
Voglio fare però di testa mia. E’ questo il guaio!
Ma io non riesco più a sopportare questa tiritera, questo duello amletico fra me e la gente, e m'accascio cadendo come al solito nella disperazione.
Corroso dalla peste, nel mio atroce delirio mi ritrovo così solo, accasciato, chiedendo implorante il perdono.

Aiutami tu, donna, io da solo non ne sono capace.
Ma tu non sei abbastanza forte da sopportare la mia disperazione, e così mi rivolgo a Dio.
Ho pregato, ho pregato... ma lui non c’era.

Se Dio è dappertutto - mi chiedevo - come mai non si fa trovare mai? Dio, come parola, si può trovare sulla bocca dei credenti. Alcuni dicono di averlo nel loro cuore. Io penso di avercela con Lui.

Forse sono proprio un indemoniato. Ho nel cuore Il demonio di tutti.

- Tutti lo nascondono così bene -

L'aiuto solidale

Passeggiando il riva al mare un glottologo e uno psichiatra notano qualcosa in mezzo al mare, lì... vicino al molo.

GLOTTOLOGO: - ci sono delle grida concitate, che provengono da... guarda là... quel coso che galleggia e che sembra volere a tratti sparire sott’acqua; andiamo a vedere! - disse eccitato il glottologo allo psichiatra.

Avvicinandosi al molo i due riescono a capire cosa siano quelle urla; c’è un tizio che sta per affogare e che sta gridando.

AFFOGANTE: - Aiuto!...Aiuto!...

GLOTTOLOGO: - Che strano tipo!... cosa ci farà mai lì, in mezzo al mare, tutto solo?...

PSICHIATRA: - Probabilmente ha un carattere e una personalità a-sociale.

GLOTTOLOGO: - E' vero, sembra che parli senza farsi o per non farsi capire.

PSICHIATRA: - Un caso molto interessante! cercherò di prendere appunti per il mio nuovo libro; lo intitolerò: l’"incomprensione e le anomalie del liguaggio nei soggetti a rischio".

AFFOGANTE: - Aiuto!... aiut... Aiu...glugh... glugh...

GLOTTOLOGO: - Guarda poveretto come si agita e che pessima pronuncia!... Evidentemente non c'è stato nessuno che lo abbia mai aiutato a pronunciare le parole correttamente. Il ben parlare è la base della comunicazione e del comprendere. Sento proprio che devo aiutarlo, poveretto, così sarà poi capace di farsi capire

PSICHIATRA: - Mi sembra giusto e doveroso!... ed io poi gli prescriverò dei tranquillanti, in casi del genere sono indispensabili.

GLOTTOLOGO: - Ehi, affogante, adesso l’aiutiamo noi, non si preoccupi - grida il il glottologo affabilmente, e rivolgendosi al suo amico, sottovoce... - adesso gli farò una splendida lezione di dizione, tu intanto puoi studiare i suoi comportamenti, un caso del genere non capita tutti i giorni.

PSICHIATRA: - "Hai proprio ragione!"

GLOTTOLOGO - "Hey, affogante, mi sente?"

AFFOGANTE - "Aiuto, ai... glugh...glugh...

GLOTTOLOGO - Bene, adesso faccia attenzione e ascolta con calma quello che ho da dirle. Deve ricordare che il dittongo "aiu", trittongo per l'esattezza, non va pronunciato in quel modo, devi scandirlo non in quel modo ma come una sola emissione vocale, ehm... come se fosse una sola vocale, hai capito? affogante, mi sente?...

AFFOGANTE: - Aiuto, ah!...

GLOTTOLOGO: - Riprova ancora, ci vuole esercizio, dai, coraggio!

AFFOGANTE: - Aiuto!...Aiutatemi!...

GLOTTOLOGO: - No, non così, cerca di non essere frettoloso, calmati, rilassati, devi capire, che la i è una semivocale... e cerca di non bere...

AFFOGANTE: - Aiuto!... Sto affogando.

GLOTTOLOGO: - Bene vedo che hai fatto già progressi, il dittongo è venuto abbastanza bene, non me lo sarei mai aspettato; ora ti insegno, scusa se ti dò del tu, come si fa a... Hey, affogante mi sente?... Affogante!

AFFOGANTE: - Vaffanculooo!...

GLOTTOLOGO: - Ma, perbacco! le velari vanno pronunciate correttamente, non in quel modo come se avessi l’acqua in bocca; ecco, segua la la mia pronuncia... Hey affogante, mi sente?... Non mi sente. Sembra sparito nel nulla.

PSICHIATRA: - Peccato però, c'erano ottime possibilità di reinserimento, è un proprio un caso limite.
.GLOTTOLOGO: - Che maleducato! Nemmeno a ringraziarci per la nostra attenzione, non si è mostrato memmeno riconoscente per la stupenda lezione di dizione, e gratis per giunta. Che tipo strano, tutto quel suo modo di agitare le braccia, così, molto vistosamente, urlando, addirittura!... forse e soltanto un esibizionista, cercava di attirare l’attenzione o... che fosse uno schizofrenico? Hai annotato i suoi comportamenti?

PSICHIATRA: - Effettivamente è davvero un caso singolare. Il suo comportamento convulsivo psico-mortorio, cioè volevo dire psico-motorio, rivela certamente una disfunzione organolettica neuronale, presumibilmente dovuta al vissuto traumatico o ad esperienze mnestiche risalenti alla prima infanzia. Certamente è una caso che si sarebbe potuto trattare con una buona somministrazione di benzodiazepine o, più in generale, di antipsicotici, vista la sua inequivocabile tendenza alla schizofrenia cronica. Avrei voluto fargli un po’ di anamnesi ma è sparito così, nel nulla. Uno cerca di aiutarli, poveretti!... ma poi non si dimostrano malleabili e nemmeno riconoscenti verso chi gli dà "aiuto solidale". Fuggono... da se stessi. Si dileguano. Fa parte della loro malattia, che vogliamo farci!

GLOTTOLOGO: - E’ stupendo! Tutte questa terminologia mi fa impazzire, cioè... volevo dire mi affascina. Comunque è sicuramente un personalità anti-sociale.

PSICHIATRA: - Certo! Se si fosse mostrato un po’ più disponibile gli avrei praticato un trattamento elettro-convulsivante oppure una somministrazione di psicofarmaci per il disturbo specifico. Peccato che la buona vecchia leucotomia non si pratica più.

GLOTTOLOGO: - Comunque si è fatto tardi, mi è venuta fame. Sento un certo languorino! Se non le dispiace la vorrei invitare a pranzo.

PSICHIATRA: - D’accordo, accetto l’invito.

GLOTTOLOGO: - Che bello! Così potremo continuare la nostra conversazione sulle anomalie del linguaggio e le psicosi latenti che abbiamo studiato di questo strano caso.

PSICHIATRA: - allora - con tono scherzoso - cosa si mangia?

GLOTTOLOGO: - Vedrai una vera squisitezza, mia moglie sta preparando un piatto prelibato che solo lei sa fare così particolarmente bene.

PSICHIATRA: - Cosa ci aspetta a tavola dunque?

GLOTTOLOGO: - Polipi affogati!

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Igienismo




L’Igienismo è una corrente di pensiero che vede nei fattori naturali (aria, luce, acqua, cibi biologici, diete depurative a base di frutta e verdura, digiuni) la condizione necessaria e indispensabile per un stato di salutate ottimale. La sua teoria si basa sul concetto di energia vitale.

Quando nell’organismo c’è uno stato di intossicazione in crescendo l’energia vitale si abbassa in modo inversamente proporzionale provocando quella che viene definita malattia.

Che sia un influenza, un infiammazione, un ulcerazione, ecc..., non ha grande rilevanza per la sua comprensione. Il suo significato è chiaro: è un allarme che l’organismo mette in moto per farci capire che qualcosa non va in quello che stiamo facendo. Magari abbiamo abusato per troppo tempo di cibi non naturali, li abbiamo
combinati male, viviamo magari in un ambiente insalubre, inquinato,...

Fatto sta che per l’Igienismo la malattia, anche se può avere un effetto più o meno guastante, resta sempre e comunque uno sforzo del corpo per liberarsi della tossiemia, poiché se così non fosse morirebbe. Quindi secondo quest’ottica si può dire paradossalmente che la malattia in effetti viene per guarire. L’unica vera malattia è invero la tossicosi. E’ ovvio che la malattia può essere anche un fatto accidentale che non riguarda, almeno non strettamente, la tossiemia, come può essere un trauma una malformazione, ecc.... I fattori naturali, le diete depurative e i digiuni riescono ad eliminare l’intossicazione producendo il rialzo di energia vitale e ripristinando così lo stato di salute.
Il digiuno mette nelle condizioni ideali l’organismo per liberarsi nel modo più veloce ed efficace dalla tossiemia.

Durante il digiuno si avvertono dei fenomeni particolari: l’alito emana un cattivo odore, l’orina diventa sempre più di un colore scuro, sulla lingua si forma una patina biancastra, il sudore emana un cattivo odore ( sintomi questi che rivelano un processo di smaltimento della tossicosi).
Ci sono poi altri sintomi che possono essere avvertiti e che variano da persona a persona, alcuni definibili altri un po’ meno, che restano però sempre un indizio che qualcosa nell’organismo sta avvenendo. Esiste insomma una intelligenza somatica (del corpo) che mette in moto meccanismi fisiologici che solo durante il digiuno possono essere attuati (se non altro in modo così efficace). Sembra che questo tipo di intelligenza sia localizzata nell’ipotalamo secondo Sebastiano Magnano.

La malattia può essere suddivisa in diversi stadi: "infiammazione", "ulcerazione", "ispessimento", (...) e in ultimo c’è il cancro. Un infiammazione protratta per molto tempo può portare quindi a un ulcerazione e questa se rimane può portare all’ispessimento e infine al cancro. Fatto sta che la malattia è sempre un atto, seppur disperato, di sopravvivenza del corpo, essa non va curata ma va capita.

I farmaci, il fumo, l’acool, le spezie piccanti, il cibo non appropriato, l’inquinamento,..., ostacolano e ritardano il processo di autoguarigione.
Generalmente dopo solo due o tre giorni di digiuno viene a cessare l’impulso della fame. Il digiuno può essere secco, idrico, parziale, completo. Durante quello secco non si assume nessun liquido, neanche l’acqua. Quello parziale consiste invero in una dieta ristretta a base di sola frutta, succo di frutta, verdura cruda o succo di verdura. Infine il digiuno completo è quello protratto fino al ritorno della vera fame, che è un impulso irresistibile verso il cibo. Il digiuno di certo non si improvvisa, ci vorrebbe un posto ideale, tranquillo, magari insieme ad altri digiunanti con cui si possono scambiare le proprie esperienze. Non bisognerebbe farlo invece se non si è convinti, per esempio a casa dove ci sono famigliari apprensivi che ti stanno addosso con le loro preoccupazioni, facendo solo poi innervosire, il che non è in sintonia con la pratica e l’idea del digiuno.

Il digiuno produce oltre alle reazioni fisiologiche summenzionate, anche abreazioni psichiche: ricordi lontani che sembravano dimenticati ritornano alla luce, si possono avere crisi di pianto, altri fenomeni reattivi che variano da soggetto a soggetto. Va da sé che in persone cosiddette disturbate emotivamente il digiuno fa bene di certo però dovrebbe essere seguito preferibilmente da un medico igienista magari che sia anche psicologo o analista.
Lui può così constatare gli eventuali sviluppi particolari di sintomi che sconsigliano il protrarsi oltre di tale pratica. Il digiuno in effetti provoca dei cambiamenti e dei rimaneggiamenti, l’intelligenza somatica ne approfitta per fare le pulizie, per aggiustare... Il digiuno riequilibra le funzioni organiche portandole al massimo dell’efficienza che è direttamente proporzionale alla sua durata. Il digiuno è un arte come suole dirsi, quindi va fatto con criterio, senza strafare e senza abusare. La fine del digiuno e i giorni immediatamente seguenti sono molto importanti per la rieducazione al mangiare. Si interrompe un digiuno generalmente con succhi di frutta o verdura, o solo frutta o verdura cruda. La ripresa alimentare è altresì molto importante deve essere graduale e non si deve mangiare abbondante o cibi non indicati quali cereali, cibi proteici, ecc... Sono da evitare assolutamente insaccati, carne, formaggi stagionati, ecc.... Questa attenzione verso la
ripresa dell’alimentazione deve essere maggiore per i digiuni di lunga durata. Interrompere un digiuno con alimenti impropri può essere pericoloso, addirittura mortale. In effetti il corpo si deve riabituare all’assunzione del cibo; per esempio la peristalsi intestinale che prima si era interrotta ricomincia ora a funzionare. Il ritorno al mangiare significa invero una riscoperta dei valori alimentari, c’è la tendenza spontanea ad assaporare meglio cibi semplici naturali, quali possono essere frutta e verdura, ed a evitare quelli più artefatti.

Quaranta giorni di digiuno è generalmente il tempo massimo che un individuo medio può tollerare oltre il quale si entra in una fase cosiddetta di inanizione.

Durante il digiuno l’organismo si nutre con le sue riserve nutritive accumulate, consuma grassi e anche cisti, tumori benigni: i tessuti vengono consumati in un ordine inverso alla loro importanza. Gli organi vitali e i muscoli non vengono consumati se non in una percentuale molto stretta. (Secondo gli igienisti durante un digiuno prolungato si può perdere anche il 40% del peso corporeo senza rischi per la salute, però è bene attenersi, a scopo precauzionale ad una percentuale un po’ più bassa).

Invece nella fase di inanizione il corpo comincia a portare avanti questo processo di autolisi, iniziando ad intaccare organi vitali quali cuore, fegato, cervello... In effetti digiuni prolungati, specialmente per i meno esperti, andrebbero assistiti da un medico igienista poiché il corpo in queste condizioni come afferma Sebastiano Magnano è "soggetto a forze naturali spontanee", non coscienti e non direttamente, facilmente, gestibili dalla volontà.

Un altro tipo di digiuno cosiddetto terapeutico è quello che viene praticato per "curare" vari tipi malattie. In effetti il digiuno non cura qualcosa di specifico ma mette solo il corpo nelle condizioni ottimali per attuare le sue difese e potenzialità auto-guaritrici portandole al massimo livello di difesa ed efficacia.
Bisogna sfatare inoltre il luogo comune (assurdo) e cioè che il digiuno indebolisce l’organismo potendo causare danni e facilitando malattie. Nei piccoli digiuni generalmente si avverte al contrario una rinnovata energia. In quelli più lunghi invece, la debolezza che il digiunante può avvertire è solo apparente giacché la maggior parte dell’energia disponibile viene convogliata dall’organismo verso
l’interno per lo smaltimento della tossiemia. E’ come se il corpo approfittasse di queste condizioni favorevoli per potere svolgere il suo compito e attuare così il piano dell’intelligenza somatica: fare le pulizie, riparare i guasti, riequilibrare l’organismo.

Invero per i lunghi digiuni la disintossicazione può essere portata a un livello così alto di eliminazione tale da provocare sintomi reattivi che potrebbero sconsigliare a volte il proseguimento del digiuno.

Le combinazioni alimentari per l’Igienismo sono di primaria importanza. Non bisogna combinare mai alimenti fra di loro incompatibili come proteine con amidi, amidi con frutta, proteine con frutta, proteine con grassi ecc... Un pasto composto da solo un alimento semplice, naturale non affaticherà la digestione, farà diminuire la tossiemia, rialzando il livello di energia vitale. Al contrario diete squilibrate, alimentazione caotica e disordinata produrranno oltre all’affaticamento digestivo, un forte aumento dell’intossicazione nel sangue, nelle cellule, facendo abbassare così il livello di energia vitale, che oltre un certo limite provocherà la malattia.

Purtroppo nella vita odierna, così stressante, dove non manca mai l’inquinamento, problemi,.... e difficile attuare pienamente questo modello di pratica igienista. Però l’individuo può attingervi da esso informazioni ed esperienze che gli saranno poi molto utili per la sua salute.

La medicina ufficiale secondo Magnano anch’essa sta prendendo in seria considerazione i fattori naturali, l’alimentazione a base di frutta e verdura, e ha tendenza a rivedere il concetto stesso di malattia, forse perché pressata da una certa evidenza di fatti, che non può nascondere né a se stessa né ai suoi utenti.

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La scienza medica si basa sul metodo scientifico. Esso non è il solo metodo di indagine possibile, esiste anche il metodo empirico. Se una cosa funziona in modo così evidente non si può di certo dire: poiché non è dimostrabile scientificamente essa non può essere vera o attendibile. Sul digiuno però sono stati fatti studi seri. Diversi studiosi in ogni parte del mondo hanno confermato le ipotesi e le pratiche igieniste. L’abbondanza di cibo ingerita, la cattiva combinazione degli alimenti,ecc... diminuisce la longevità e diminuisce la capacità dell’organismo di stare in uno stato di salute permanente. Nonostante i mezzi di informazione non parlano quasi mai di queste insolite pratiche alternative l’Igienismo si sta sempre più diffondendo. La medicina ammette generalmente che la malattia è provocata dai virus, bacilli,... Una faringite è provocata per esempio da un virus che è sempre presente nella bocca; perché allora attacca solo in certi momenti? Causa di un colpo d’aria come si è soliti dire? Il freddo in effetti riduce la capacità del corpo di smaltire la tossiemia, però non può essere causa di un influenza ma semmai è solo la goccia che fa traboccare il vaso. L’intossicazione già aveva raggiunti livelli di guardia; è bastato un colpo d’aria a provocare la malattia. Quindi non è propriamente questo che l’ha provocata. E guarda caso le influenze arrivano coi loro cangianti nomi puntuali proprio nel periodo più freddo dell’anno dove si mangia di più, si fanno abbuffate alimentari. La medicina anche se è dotata di mezzi fantascientifici, supportata dalle industrie farmacologiche e riconosciuta dallo stato quasi come unica fonte per il mantenimento della salute pubblica, commette un pecca molto grave: ignora paradossalmente la vera causa della malattia.  Nell’Igienismo lo stato di salute è delegato all’individuo, invece nella medicina viene gestito dal sistema, dal sapere medico.

In effetti si sa solo quello che è dimostrato scientificamente. Quante cose invece funzionano e sono efficaci anche se non dimostrabili? Nella medicina cosiddetta alternativa non viene preso quasi mai in considerazione l’Igienismo forse perché è la pratica più efficace per il mantenimento della salute.

Se il digiuno (un niente) può ridonare una splendida salute cosa ne sarebbe mai delle industrie farmacologiche, dei medici? In effetti ogni sistema costituito contraddirà lo scopo della sua creazione. "Il suo primo scopo - direbbe Fripp - sarà quello di autoperpetuarsi". Il sistema industriale-medico-farmacologico istituito per la salute pubblica sarà quindi rivolto verso sé stesso. Il denaro poi fa muovere interessi colossali che negheranno certe evidenti realtà che potrebbero ostacolarli.

L’informazione è solo prevalentemente dedita a dare notizie strabilianti riguardo alle nuove frontiere mediche e a negare pratiche invece molto più semplici, essenziali, efficaci, magari anche più importanti. La medicina quindi ha tutti i mezzi, tutto il potere per pubblicizzare i suoi metodi per acquisire il monopolio della salute
pubblica
. Ciò che le manca è una predisposizione al buon senso, un incapacità ad essere un po’ più umile e riconoscere i propri limiti. Per quel che riguarda la causa della malattia e la sua cura la ricerca medica si rivolge ormai alla genetica. Tutto è studiato, è predisposto ma la causa della malattia resterà sempre ignorata diventando così sempre più un evento imprevisto e fatale. Ignorare un evidenza (per ignoranza o per interessi) rivolgendo studi e tecnologie verso una possibile verità da trovare, non evidente ma tutta da ricercare, equivale a dimostrare la propria inadeguatezza, la propria presunzione. Si parla spesso di mala sanità come errori presunti di diagnosi e/o pratiche mediche, ma non si parla però mai delle false premesse su cui è basata la medicina. Secondo questa il microbo, il batterio, dovrebbe produrre la malattia e non la tossicosi che è il suo terreno fertile. In effetti l’aumento della tossicità farà moltiplicare i virus che non sono di per se stessi agenti patogeni ma semmai avranno una qualche utilità nella malattia stessa che ha un significato diverso da quello attribuitole dalla medicina. In effetti "la malattia viene per guarire", per ripulire il corpo, il sangue, le cellule dalla tossiemia. L’esperienza comunque mi ha insegnato a diffidare della sapienza dei dottori. L’igienista e dottore S. Magnano asserisce che buona parte della medicina e buona parte della chirurgia ha una sua validità e una sua giusta ragione d’esistere. Io comunque, non essendo dottore e non sapendo cosa prendere per buono, ho sempre la tendenza a diffidare della classe medica. Penso che se io sono ancora vivo lo devo proprio a questa mia sfiducia.
I migliori medici di noi stessi restiamo sempre noi. Delegare agli altri la propria salute è come intestare un un proprio conto in banca ad estranei.
Dottore mi dica come mi sento.
Io non mi sento. Dottore mi sente?
Devo partorire, non so come fare!
Dottore mi dica lei, come sto?
Dottore mi dica come mi sento.
Io non mi sento. Dottore mi sente?
Mi partorisca lei per favore!

L’Igienismo dunque svela una realtà un po' scomoda. Se tutti vivessero nutrendosi di cibi sani, naturali, si istruissero sull’arte del digiuno, cercassero di sfruttare i fattori ambientali naturali (aria, luce, acqua) per il mantenimento della propria salute accadrebbe certamente che più del 90% dei medici e paramedici resterebbero disoccupati, le industrie farmaceutiche collasserebbero; non so cosa potrebbe succedere in borsa, non so se potrebbero accadere crisi politico-economiche, fatto sta che il mostruoso giro di affari a livello planetario che si fonda sulla salute della gente sarebbe sradicato. E’ un sogno? Purtroppo c'è interesse di parte a non far sapere, e l’informazione sulla salute è prevalentemente gestita dalla medicina che a sua volta soggiace al potere economico delle grandi industrie farmaceutiche.

Ho sentito un giorno alla televisione un giornalista che ha fatto una domanda specifica a un dottore, era il periodo delle festività natalizie e si parlava delle ovvie abbuffate che avvengono come al solito in questi giorni. Si parlava di rimedi e di cure possibili contro il malessere postumo per questo strafare alimentare, si discuteva sulle ipotetiche soluzioni per un eventuale influenza che secondo i medici doveva colpire proprio in questo periodo. La domanda era pressappoco questa: "il digiuno può servire per smaltire gli spropositi fatti durante le feste oppure per curare l’influenza?" Il dottore con un aria di sufficienza rispose secco: "No" Ho letto tra le righe e ho capito che l’Igienismo stava prendendo sempre più coscienza nella gente e infatti la mia ipotesi è stata avvalorata dopo avere scoperto su internet il sito dedicato alla "Scuola della Salute". Questa associazione adotta pratiche igieniste e altre tipi di terapia naturali e parlava appunto del fatto che l’associazione era molto accresciuta negli ultimi tempi. E’ solo una mia supposizione? Quando qualcosa è scomodo per i potenti l’informazione del potere informa. Perciò io dico diffidate di chi vi informa! Riprendetevi la gestione della vostra salute.

Si tratta solo di restituire all’individuo e al suo corpo la sua capacità e la sua facoltà di auto-guarigione. Bisognerebbe più credere in noi stessi, nel potere del nostro organismo che messo nelle condizioni ideali può sviluppare una formidabile salute. Bisognerebbe cominciare a diffidare dei medici, qualche volta azzeccano pure la terapia ma, secondo il mio parere, il più delle volte rovinano le persone. La gente andrebbe educata, informata, incentivata a responsabilizzarsi per la propria salute.
L’Igienismo può essere una risposta vincente e convincente per attuare questi presupposti.
Link utile: Scuola della Salute diretta da Sebastiano Magnano

L'uomo animale sociale

"...e mentre anche se costretto a chiedere la carità, un uomo può essere e rimanere libero, nessuno mai può essere libero se costretto a essere simile agli altri." (Oscar Wilde (1856-1900))

Si dice spesso che l'uomo, in quanto specie, non può vivere solitario, adducendo prove e ri-prove a favore di questa tesi. È uno strano dogma culturale questo, così radicale e radicato nel mentalità ordinaria. L'uomo: essere sociale. La storia ci insegna raccontandoci delle guerre, di crimini atroci, smentendo di sana pianta questa becera visione acritica e asfittica del becero logos comune. Come se il più importante rapporto che possa instaurare l'essere umano sia quello col suo simile e non con il mondo, non specificamente di creazione umana, ma semmai naturale.  " L'uomo non può vivere da solo" è una bella cavolata. Chi è che lo stabilisce? E' più probabile invece che non possa vivere nell'odierna civiltà che lo esaspera mettendolo a dura prova giorno dopo giorno. Chi fra noi non ha mai sognato un isola deserta dove poter trascorrere tutto il tempo lontano dai quotidiani grattacapi? Robinson Crosué è sempre fra noi pronto a scappare, diventando un altro ricercato, un altro dei tanti casi, (apparentemente misterioso) da risolvere, dando così materia prima alle  trasmissioni televisive del tipo "chi l'ha visto".

La solitudine viene vista come qualcosa di estremamente negativo, come una forma di malessere dell'anima, una fuga dal mondo, un introversione che ci sprofonda nella depressione senza fine. Per esperienza so che non è così, anzi semmai ho sperimentato il contrario. La gente in fondo guarda le apparenze. Con la gente si potrà instaurare generalmente un rapporto per forza di cosa per lo più superficiale, magari di tipo evasivo, perdendo di vista il proprio centro vitale ed essenziale. Si può scherzare, ridere, divertirsi, discutere, instaurare
rapporti interpersonali, ecc..., però fatto sta che il centro restiamo sempre noi ed essendo esseri naturali riusciamo a stare bene solo instaurando un rapporto naturale e spontaneo verso il mondo, essendo noi animali uomini parte di quello. Se l'ambiente umano è troppo deteriorato la solitudine allora può rappresentare un'ancora (l'unica) di salvezza. Se ammettiamo, come è giusto, che la spontaneità è l'anima dello stare bene, dobbiamo per forza trarre le conclusioni che, se si vuole vivere bene e vivere a lungo, bisogna stare lontano dagli usi e costumi del regime societario, troppo alienante e paradossalmente non a misura d'uomo. Detto ciò potrei sembrare un misantropo (e forse lo sono) ma la pelle è "numero uno" e se per salvarmi devo misantropare allora misantropo, misantropo.

La scienza medica

"Avviene ciò che è avvenuto nei manicomi di tutto il mondo: liberi di agire senza alcun vincolo né morale, né etico, né tantomeno legale, gli psichiatri hanno pensato, realizzato e gestito dei grandi campi di concentramento con il fine di punire, controllare e far cambiare idea a persone che, in un modo o nell’altro, trasgredivano le leggi scritte e non scritte su cui si fonda il nostro vivere civile. Il fine esplicito della psichiatria sembra quello di trasformare le persone, tenendo conto non delle loro personali intenzioni e volontà, ma delle esigenze di chi sta loro intorno.
In questo senso credo si possa dire che non c’é uso della psichiatria che non sia in sé un abuso". (G. ANTONUCCI)

1.Ogni sistema si fissa al momento del suo inizio.
2.Una volta stabilito, il primo scopo di un sistema contraddirà lo scopo per la quale è stato creato: per esempio, il suo primo scopo diviene l'auto-perpetuazione.
3.Ogni sistema stabilito percepisce un elemento creativo come una implicita minaccia, poiché un elemento creativo incrementa il pericolo, e così la possibilità di un cambio all'interno dello status quo. (Robert Fripp)

Vorrei sollevare delle obiezioni riguardo a degli assiomi della scienza medico-psichiatrica. Tralasciando la questione spinosa dell’utilità o meno degli psicofarmaci.

- Il malato deve essere curato per guarire.
- I sintomi sono indizio di alterazioni mentali.

Poniamo altri due assiomi discordanti con i suddetti.

- Il malato guarisce da solo.
- I sintomi sono l’inizio di un abreazione, di una catarsi.

Perché non potrebbero essere validi i secondi? Cos’è che dà la certezza alla classe medico-psichiatrica di giudicare una persona, un essere umano, dai sintomi? Il sapere scritto sui libri? L’esperienza quotidiana del contatto diretto con i pazienti? Parlare della mente è ben altro che reputare scienza dei concetti e degli usi che oggettivano una qualità non definibile, non quantificabile.

La psicologia non è una scienza esatta, anzi né scienza, né esatta. La psicologia è ideologia: un mezzo di controllo sociale. Orbene, poniamo che una psicoterapia duri un certo lasso di tempo, al termine del quale l’analizzato risulterà guarito. La stessa distanza di tempo l’avrebbe guarito senza l’intervento dell’analista?

La psichiatria giudica il malato ma non se stessa. In effetti l’unico giudizio sicuro che si possa esprimere è proprio quello nei riguardi della psichiatria perché è un oggetto, ha un sua obiettiva realtà storica e concettuale. Le varie correnti di pensiero delle varie scuole hanno poi, molto spesso, una vistosa discordanza fra loro nelle teorie e nei metodi applicati. Si insegna a giudicare, si impara a controllare. I docenti di psicologia vengono analizzati per anni, educandoli, facendoli poi diventare giudici e difensori implacabili della norma.

Se i sintomi sono un processo dinamico di una abreazione, di una reazione a un trauma, perché non lasciarli scorrere nella loro giusta direzione naturale, spontanea, invece di soffocarli con le cure? Perché intervenire se non si conosce, né si può del resto conoscere, la soggettività del malato? Le cure non potrebbero allora peggiorare lo stato di salute del paziente?

Razionalità


"Il mio orrore per la tecnologia finirà per farmi arrivare all'assurda credenza in Dio." (Luis Bunuel)

Non è obbligatorio credere in Dio, in virtù del quale possiamo così essere distinti in atei e credenti, laici e clericali. Giustamente. Guai però a non credere nella scienza! (Carlo Giordano)

" Che senso può avere l'affannarsi per qualche cosa che tende verso l'annientamento?" (Raphael)

[...] Una società basata sul consumismo o sulla dittatura del materialismo corporale-formale è una società che evade il problema di fondo, che cerca di stordirsi ma non di risolversi e ritrovarsi. (Raphael)

Comunemente il ‘modo di fare’ per raggiungere un qualsiasi ‘obiettivo’ è quello che si rapporta alla razionalità. Tutto viene sistematicamente e preventivamente studiato. Siamo in effetti circondati da miriadi di oggetti che sono il frutto di questo studio. Abbiamo sistemi e modelli (sociali, economici, politici, religiosi ecc...). Ovunque si posa lo sguardo c’è una marea di cose pensate, oggetti costruiti per una specifica utilità. Ovunque ‘spostiamo’ la nostra immaginazione non possiamo fare a meno di constare che tutto è predisposto a una finalità prettamente ‘ragionata’. Ciò che opera nell’arte è invece un ‘intuizione’, un metalinguaggio di ordine superiore. E’ come disfare un mondo ordinario per far posto ad un 'altro' mondo .

Esiste una condizione e un modo di esprimere la propria essenza che non è riconducibile a un sistema logico-razionale di programmazione, costruzione e commercializzazione del ‘prodotto’. Quello che ‘l’anima’ produce comunica attraverso un ‘moto interno imperscrutabile’. La nostra civiltà è così poco propensa alla Fede, all’irrazionalità ( sistematicamente repressa).

Ma ciò che vogliamo nascondere o relegare ai margini torna prepotente a scompigliare le nostre ‘ovvietà’ quotidiane. Chi o cosa crea destabilizzazione dovrà per forza essere messo al ‘bando’ e a tale proposito ci sono strutture adeguate che hanno proprio la funzionalità di tenere a bada certe ‘incongruenze irrazionali’ . Esistono leggi, decreti, codici, ecc...Ci sono per i trasgressori pene pecuniarie, sistemi carcerari, detenzione psichiatrica, e chi più ne ha più ne metta: e la società costituita ha tutti gli strumenti adeguati a tale proposito. E’ molto difficile essere ‘veri’ in un mondo che ci mette nelle condizioni del ‘si salvi chi può’. Dobbiamo tutti per forza sviluppare una strategia di sopravvivenza.

I ‘professoroni’ blatterano fingendo di saperla lunga sulle questioni etico-morali, su come migliorare la produttività, come creare nuove imprese, nuovi posti di lavoro, ma ciò che resta ‘al di là’ da questo caos razionale rimane relegato nell’al di là e se per caso accidentalmente accedesse nell’al di qua’ subirebbe di certo una censura, una deformazione poiché incrementerebbe il pericolo di una destabilizzazione, a meno che il sistema non riesca ad assorbirlo e a reintegrarlo.

Un unità creativa per un ‘vizio’ di natura è difficile da inglobare, da tenere a bada poiché per definizione è in evoluzione dinamica, difficile da catturare, crea squilibrio nello status quo, ‘devasta’ i ‘luoghi’ consuetudinari. Ma la società in effetti ha bisogno di avere alle sue dipendenze unità creative ‘controllabili’, basti pensare a quanti artisti, scienziati e uomini di cultura hanno formato il nostro patrimonio umano-culturale insostituibile.

E’ sappiamo, e la storia ci insegna, come molto spesso venivano trattati questi uomini che hanno stravolto con le loro idee e opere il sussiego della società del loro tempo. Una volta passata la fase ‘destabilizzante’ si passava alla fase successiva e cioè quella di ‘reintegrazione’. Bisogna far pagare un prezzo a chi osa mettere in discussione i dogmi acquisiti. Tanti prometei hanno costruito e messo a punto un mondo che a noi appare ovvio, ma che in effetti non lo è mai stato.

Il, posto di lavoro

"Il clientelismo ha sempre ragione!" (Carlo Giordano)

Se è pur vero che il lavoro nobilita l'uomo e altrettanto vero che il posto di lavoro ci rende schiavi del sistema clientelare. In quest'ottica di sudditanza sociale il divergente verrà visto come un animale strano in preda all'istinto e all'anarchia, e ovviamente sarà temuto come forza, come potenzialità destabilizzante: un rischio reale e che quindi dovrà in tutti i modi finire poi escluso dal gioco, recluso. Siamo così un po’ tutti vittime e clienti di questo istanza del consorzio societario con la sua indole particolare di "leccata e fuga". Fuga naturalmente dalla responsabilità morale. Così fan tutti! Se è generale vuol dire che è normale. Se è normale non può essere divergente ovvero: sbagliato.
Esiste il trucco:

- Il lavoro è un diritto
- Il lavoro è un dovere
- Il lavoro ci permette di realizzare nostri sogni, i nostri desideri, se non altro ci permette di vivere. Ci dà dignità.
- Il lavoro non è per tutti: c'è una forte disoccupazione
- Il lavoro essendo diventato un bene scarso tenderà ad essere supervalutato.
- Il lavoro serve allora come mezzo di ricatto per livellare le coscienze, adeguarle al sociale e al normale, serve all'omologazione, essenziale per il potere socio-economico

La ricerca del lavoro diventa una necessità di primaria importanza. Se il lavoro è un diritto esso non lo è per tutti. La discriminazione così realizzata rende la società divisa in due grosse fasce sociali: da una parte i lavoratori e dall'altra i disoccupati.

Questo meccanismo perverso della nostra società da un lato permette la libertà di iniziativa individuale (libertà del resto abbastanza discutibile) e dall'altro afferma che chi non è in competizione è già in partenza escluso dal gioco. Il lavoro quindi è anche una forma subdola di ricatto, poiché tutto si compra col denaro e il denaro proviene dal lavoro, a meno che non si voglia prendere in mano le armi e iniziare a delinquere.

Nell'ottica capitalistica le fasce sociali più deboli sono quelle più devastate poiché non sono competitive: vecchi, poveri, emarginati, utenti psichiatrici, artisti, e in qualcuna di queste categorie  viene addirittura intravista la possibilità di un business. Per esempio i cosiddetti malati mentali non hanno niente che li difendano dallo squallido mercato degli psicofarmaci. Subiscono questo giro d'affari colossale sulla loro pelle. La mercificazione dell'uomo e delle sue qualità umane. La disgrazia dell'artista in questo contesto non rappresenta in fondo che una piccola parte di quella che è una disgrazia globale socio-economica ancora più vasta.

Il mestiere del buon partito


"L'amore è eterno finché dura." (dalle Leggi di Murphy di

L’amore, se fosse amore, sarebbe una cosa meravigliosa. (Carlo Giordano)

C’è un detto spagnolo che dice: ‘Tutto si paga col denaro, l’amore si paga con l’amore’. Io ridurrei l’insieme a: ‘Tutto si paga, direttamente o indirettamente, col denaro, anche l’amore’. Per esperienza (ormai ho quarant’anni) so che un mal partito non è mai ben visto.  Qualsiasi cosa si faccia ci si sente giudicati in bene o in male, a seconda se si rientra nella norma oppure se se ne discosta.
‘Sono un artista, voglio affermare me stesso!’ significa inevitabilmente essere posto nel dimenticatoio, in una zona marginale dove confluiscono i pettegolezzi, i raggiri, le intolleranze e gli eventuali aiuti mirati. Si è visti insomma un po’ come il diavolo alle prese con l’acqua santa.

Quale demone mi terrà legato alla mia diversità non lo so. So solo che esiste un inferno dove vengo spesso relegato per lo scopo di taluni, per essere da monito presumibilmente a chi vorrebbe dissentire; stando male, possono così approfittarne per concedermi il loro aiuto a patto che...

Un siffatto amore quindi rivela sempre qualcosa di estraneo alla sua essenza, che è quella di volere amare: una posizione economica sicura, un normale rapporto tra persone che si adeguano. Quindi la capacità di amare è vincolata fortemente a delle istanze materiali. Tutto ciò è acquisito come un dato evidente, normale, giusto, apertamente riconosciuto e confermato socialmente. L’amore può venire visto altresì come qualcosa che attizza, una invasione di desiderio e di pulsioni che tendono a sfuggire a un autocontrollo, a una gestione razionale.

La capacità di amare presuppone però il "rispetto per l’altro" (Fromm), significa comprenderlo, prendersi cura, interessarsi ai suoi problemi, non avere scopi secondari; dovrebbe essere presumibilmente uno scambio reciproco.

Altresì possiamo affermare che esiste una forza interna, scritta nel codice genetico, che tende ad estrinsecarsi ad attuare il suo destino biologico rivolgendosi all’altro sesso.

L’amore può rivolgersi al suo oggetto o ai suoi oggetti e non è, né può essere, solo estrinsecato nella sessualità. Si può amare l’amante, la prole, i genitori, delle persone a cui si è particolarmente affezionati, l’arte, delle vocazioni particolari.

Spesso si chiama impropriamente amore un egoismo collettivo. L’amore non è una ovvietà, e, parafrasando un certo detto possiamo dire: le vie dell’amore sono infinite.

La società invece definisce l’amore, dando una forma a ciò che è informe, ne stabilisce i confini, lo incanala per vie che le sono consone. In questi luoghi abbandonati da Dio l’amore per la famiglia è il vero amore, quello per l’arte è un disonore.

Da quanto detto si può dedurre che l’amore, il vero amore non esiste, si può intra-vedere nei film, lo si può pensare inserito nell’immaginario collettivo, ma resta infondo solo un immagine. Faremo bene allora a parlare, in modo più appropriato, della "capacità di amare", eliminando per sempre un termine ambiguo così falso e logoro.

Possiamo affermare: amore e odio in fondo sono le due facce della stessa medaglia. Non si ama senz’odiare, né si odia senza amare. La perfezione non esiste. Due amanti, così vicini, eppure tanto lontani.

Il signor t’amo lo visto
uscire a braccetto
insieme alla signorina t’odio.
Andavano perfettamente d’accordo,

dicevano fra loro:
"Non ci lasceremo mai
- oppure - "Lasciami per sempre!"

Che volete che vi dica:
Io, tu, loro.
Siamo tutti uguali,
come pure si potrebbe dire:
siamo tutti macchiati dallo stesso crimine.

linguaggio e metalinguaggio


La psichiatria vuole essere un metalinguaggio che spiega altri linguaggi, atteggiandosi a mo’ di vertice gerarchico di ogni possibile forma di comunicazione verbale o no. La psichiatria spiega l’arte. L’arte si piega al suo sapere e alla sua ignoranza. La psichiatria spiega cos’è la passione o l’amore e la passione o l’amore si piegano alla sua volontà e al suo presunto sapere. Come fare a spiegare cosa sia la psichiatria se è essa stessa la spiegazione di tutto? Bisogna piegarsi alla sua ignoranza, al nostro protettore. Dovrei comunque finire in un modo o nell’altro per essere "spiegato" o "piegato" secondo la prassi consueta del "il paziente riferisce che..." (Carlo Giordano)

[...] Un dialogo è qualcosa in cui si capita, in cui si viene coinvolti, del quale non si sa mai prima cosa ne ‘salterà fuori’, e che si interrompe non senza violenza, perché c’è sempre ancora d’altro ancora da dire... Ogni parola ne desidera una successiva; anche la cosiddetta ultima parola, che in verità non esiste. (Hans-Georg Gadamer)

"Ciò che nel linguaggio meglio si comprende non è la parola, bensì il tono, l'intensità, la modulazione, il ritmo con cui una serie di parole vengono pronunciate. Insomma la musica che sta dietro le parole, la passione dietro questa musica, la personalità dietro questa passione: quindi tutto quanto non può essere scritto. Per questo lo scrivere ha così poca importanza". (Friedrich Nietzsche)


La norma fa valere il suo potere tramite un linguaggio suo pertinente che spiega ogni altro linguaggio e cioè: la norma diventa meta-linguaggio che spiega e sovrasta ogni altra forma di comunicazione che non sia quella sua pre-definita. Similarmente si può dire che la politica, per es., diventa un modo per "comprendere" il mondo, sottomettendolo al suo potere specifico; quindi il "linguaggio" politico si veste di "metalinguaggio", sostituendo ogni altro possibile forma di linguaggio. La risoluzione dei problemi, trova sempre la sua soluzione nel Potere e nel potere che ha il linguaggio della norma politica di "definire". Qualsiasi problematica che non può essere risolta sul piano del presunto "metalinguaggio della norma" (politico o altro) rimane ignorata dal "sistema". E’ insomma una "forma normale" di in-globalizzazione di istanze divergenti che nel "metabolismo" siffatto omologante vengono eliminate in vario modo. Gli esempi adducibili che riguardano la preponderanza del metalinguaggio della norma sono innumerevoli. Obiettivamente esso non è un vero e proprio metalinguaggio ma semmai è un "usurpazione" del suo significato dovuto alla "dittatorialità" insita nella norma stessa. Quindi sarebbe più conveniente chiamarlo "pseudo-metalinguaggio". La norma ingloba in sé non in senso obiettivo-oggettivo ma in senso possessivo egoico. Un altro esempio pratico, senza andare troppo per il teorico, ci è offerto dal mass-media televisivo che già di per sé promuove lo "pseudo-metalinguaggio della norma", vuoi nel sistema di informazione, vuoi nella pubblicità e programmazione varia.
Se ci soffermiamo sul genere dello sceneggiato poliziesco ci accorgiamo che la "vita sociale" si svolge sotto l’egida dell’"attività di polizia" la cui funzione è quella di ordinare, di far rispettare le regole, di reprimere "tendenze anomale" e controindicate dal codice civile o penale che sia. Quindi possiamo dedurre che il linguaggio del genere poliziesco diventa un "metalinguaggio" che cerca di spiegare il mondo e la sua "funzionalità" soltanto rapportandolo a sé stesso. Avviene insomma una vampirizzazione di valori, qualità, tendenze, processi, il cui "significato" viene filtrato secondo l'ottica del "regime poliziesco" e del suo linguaggio. In effetti se ci fosse stato uno genere per così dire del delinquentesco il "risultato" sarebbe stato identico anche se in senso opposto. La norma quindi ha diversi canali di comunicazione; oserei aggiungere che invero ce li ha tutti. Così allo stesso modo avviene per il telegiornale che si "pro-pone" come metalinguaggio, come notizia che spiega il fatto, e il fatto di certo non farà il contrario. La norma, in qualsiasi modo si esprima, sostituirà sempre con la sua "forma" autoritaria del suo "linguaggio" ogni altra possibile e diversa forma di comunicazione. Ritornando al genere poliziesco si constata la bontà di certi valori più o meno esplicitamente espressi, come quello del "senso della realtà" e "senso della giustizia" filtrati secondo la codificazione del rispettivo genere. Il senso dei "valori indotti" vengono così ad avere un "imposizione univoca" che va dalla norma verso e contro un probabile e possibile "dissenso". Questo è quello che io definirei "regime della comunicazione" o "dittatorialità del linguaggio della norma". Un altro esempio di una forma di dittatorialità del linguaggio ci è offerto dal sistema psichiatrico. Terribile!...

Il "regime di comunicazione" in quest'ambito specifico spiega a suo modo, concomitante alla visuale e ai canoni più generali del regime societario, la "realtà" e il suo senso, che non può essere ovviamente "opinabile" tramite qualsiasi altro "linguaggio divergente" o "malato", poiché la "norma psichiatrica" stessa spiega e piega , essendo insignita e riconosciuta come "metalinguaggio", ogni altra possibilità comunicativa. Le opinioni, come in questo caso, di una "maggioranza" (che ha forza, potere o necessità di imporre la sua visuale) diventano così inesplicabilmente dittatura. Allo stesso modo l’arte, che dovrebbe essere un "metalinguaggio effettivo", viene ad essere sostituita nella "spiegazione del mondo" dalla "logica della norma" sia o no
"psichiatrica". L’arte verosimilmente non può ovviamente, in una simile condizione, spiegare o comprendere la psichiatria ma accade soltanto il contrario, e cioè: l’arte (non codificabile) viene a subire una comprensione(compressione), una censura e una distorsione significativa del suo senso e nel suo scopo da parte della codificazione psichiatrica e della sua opera pianificatrice per il controllo sociale.
Si assiste al paradosso, assurdo, che un "metalinguaggio effettivo", quale può essere quello dell’arte, venga "spiegato" e piegato da un "linguaggio".

E’ ovvio che solo un metalinguaggio potrebbe spiegare un linguaggio e non viceversa, a meno che non si instaura una "dittatura della comunicazione" in senso inverso ed è ciò che pratica di routine la norma.

Incomprensione

« Là la richesse universelle permettait bien peu de discussion éclairée ».

"l’universale opulenza dava scarso adito alla discussione illuminata". (Jean Arthur Rimbaud)

"Ovunque uno si trovi e per quanta illuminazione ci sia intorno, comunicare con gli altri è veramente difficile." (John Updike)

Io non sono nemmeno intravisto nell’opinione altrui e, per quanto mi sforzi (con tutte l’energia e la volontà che ho) per farmi comprendere, resterò per sempre la notizia che di me divulgano gli altri. (Carlo Giordano)
Io non voglio che si debba capire per forza quello che viene definita: la mia stravaganza. Se non la si capisce non importa. Fa lo stesso. Restate pure ignoranti. Anche io del resto rinuncerei a capire questa incomprensione. Resterei ignorante. C'è un magazzino dunque dove vengono ammucchiate tutte le incomprensioni, che voi chiamate dottrina, sapere... Sta solo nella vostra testa. C'è un altro magazzino dove giacciono gli incompresi che voi chiamate pazzi. Se svuotate la vostra testa di tutta la sapienza accatastata vi accorgerete che i pazzi spariranno.

La sapienza cataloga.
L'ignoranza controlla.
L'intolleranza porta a giudicare.
Il giudizio è insicuro.

L'insicurezza genera paura.
La paura è la madre di tutte le intolleranze.
La follia è tutto. La sapienza è niente.
- Il mare è così grande! -
Il sapiente presumeva di sapere la follia.
Il folle rideva e canzonava
oppure goffamente si schermiva.

Bisognava trovare un'intesa,
un punto in comune.
Il sapiente e il folle si incontrarono nel bosco
per discutere o scannarsi, non si sa.
Ci fu un rimescolio di carne.
Solo uno ne uscì vivo,
benché entrambi morti.

sabato 28 novembre 2009

La televisione mezzo di dis-informazione

"Bagordi, dovizie, pericoli:
l’antenna tivvù
percepisce i tuoi stimoli:
paura che la terra s’inabissi". (Carlo Giordano)


Al di là del disprezzo da tributare a questa scompisciata deriva collettiva, a monte c'è questo: è comunque impossibile comunicare. Non si può dire quello che si pensa, in quanto il discorso non appartiene mai a chi parla. Comunicare che cosa? Ogni comunicazione è corruzione d'accattto. E' fuor di luogo propedeutica a tutto ciò. Il via col vento dalla Storia e da ogni pretesa di comunicazione-mediazione, nel vuoto nel buio di che s'acceca il linguaggio, nel martirio impossibile di questo intestimoniabile spettatore-massa. (Carmelo Bene)

Al giorno d’oggi, invece, prevale un modello basato sull’improbabile iperefficienza dell’individuo, sulla necessità di mantenere self control anche nelle situazioni più estreme, sull’inadeguatezza di mostrare il proprio dolore e la propria spossatezza rispetto alla perdita di persone o situazioni amate. Odio la tv piagnona ma, allo stesso tempo, mi chiedo se potrà avere un futuro: sempre più spesso individui che hanno perduto un parente strettissimo si esibiscono davanti alle telecamere senza l’ombra di una lacrima, con perfetta proprietà di linguaggio e di intonazione vocale, quasi fossero interpreti di un film recitato troppo bene per essere credibile. (Vincenzo Minissi)

[...]Il successo non è niente. Il successo è l'altra faccia della persecuzione. (Pier Paolo Pasolini)

[...] ...la televisione è un medium di massa, e come tale non può che mercificarci e alienarci.
[...] Comunque... è proprio il medium di massa in sé: nel momento in cui qualcuno ci ascolta dal video, ha verso di noi un rapporto da inferiore a superiore, che è un rapporto spaventosamente antidemocratico. (Pier Paolo Pasolini)


...in genere le parole che cadono dal video, cadono sempre dall'alto, anche le più democratiche, anche le più vere, le più sincere. (Pier Paolo Pasolini)

Spegni la televisione (sic) prima che sia lei a spegnerti... se non sei già spento. (Carlo Giordano)

"Quando tutti pensano nello stesso modo, nessuno pensa molto."  (Walter Lippmann, 1889-1974)
Tutti noi ormai sappiamo degli esperimenti condotti sui cani da Pavlov e le sue conseguenze. Le sue  scoperte lo hanno portato a sviluppare sistemi di condizionamento sugli esseri umani. I riflessi condizionati, iI lavaggio del cervello, ci fanno capire la fragilità umana e la possibilità e la facilità di quanto sia facile condizionare la mente degli individui per scopi sociali, commerciali, abusando e usando cavie umane, come fossero degli oggetti.  La televisione impone, pre-dispone, induce, formatta le coscienze, educa in modo similare.

Il telegiornale ecco che annuncia la grossissima balla della scoperta del gene della schizofrenia. La schizofrenia è una malattia inventata di sana pianta per spiegare fenomeni di persone che si comportano in un certo modo poco adatto al sociale. Tanti studiosi non allineati hanno ampiamente dimostrato l'incongruenza e l'assurdità di definire schizofrenica una persona. Ciò non dice nulla a riguardo dell'individuo a cui la si è additata ma dà a chi gli sta attorno la possibilità di annullarlo nelle sue pretese, nei suoi intenti e nei suoi scopi;  e la sua stessa vita e le sue possibilità vengono così ormai gestite da altri. La schizofrenia dunque rappresenta "la sola possibilità per poter essere in una situazione impossibile da vivere". Quindi non può esistere il  gene della schizofrenia per il semplice fatto che non esiste la schizofrenia come malattia, ma come condizionamento sociale. Semmai potrà esistere il gene della psichiatria; ma non lo scopriranno mai, almeno non si azzarderanno. Un individuo, solo, non potrebbe impazzire, essere schizofrenico, psicotico, ecc...  poiché non c'è chi gli addita o gli riconosce la malattia. Ma quando entra nel campo gravitazionale sociale allora automaticamente avviene il riconoscimento tramite canoni prestabiliti, viene misurata la sua capacità di adattamento e di condizionamento al sociale. Quindi: bollato ed etichettato. La televisione come la psichiatria diventa così un potente quanto terribile mezzo per assoggettare. La televisione dunque ci mostrerà un simpatico Vittorino Andreoli (psichiatria), un altrettanto simpatico, colto ed eloquente Mirabella (conduttore televisivo) insieme al suo simpatico e fedele cagnolino dott. Gargiulo; ci mostrerà un simpatico e tranquillante (sic) ministro e dittatore della sanità U. Veronesi. Non ci mostrerà però troppo di ciò che contraddice tutta questa simpatia omogeneizzata come per es. esponenti dell'antipsichiatria, rappresentanti delle "medicine alternative" come  l'Igienismo che è apertamente in contrasto con le teorie e pratiche mediche. 
Le persone simpatiche mi sono
antipatiche

La realtà quasi sempre non è mai tanto simpatica come mostra la tivvù. Se esistono degli schieramenti politici ove possono prevalere di volta in volta ora l'uno ora l'altro, per quel che riguarda la scienza e il sistema economico non c'è un contraddittorio plausibile e attendibile che possa contrastare la tendenza vigente, unilaterale; dittatura incontestabile e non apparente, non facile da comprendere per le masse.

La velocità del mezzo televisivo impone una informazione sintetica, col tempo contato; la concisione, le domande e risposte da quiz non danno spazio ad esitazioni o ripensamenti, il valore come riflessione nello spazio televisivo sembra precluso, l'intelligenza preclusa (non perché non ci possano essere ma di per sé non sono sufficienti per poter restare in piedi in un simile contesto).

Ciò che è fondamentale nel mezzo televisivo è l'audience, l'indice d'ascolto; di conseguenza è basilare il cliché, lo stereotipo, l'informazione spettacolare, la notizia piccante, le indagini sull'indice d'ascolto, l'artefazione, l'artificioso, il tutto fa brodopurché incrementi l'audience. E' la democrazia del mezzo televisivo che si rivolge alla maggioranza dei teleutenti, un fatto positivo sotto questo punto di vista...

La libertà di pensiero viene sostituita dalla libertà di essere pensati; la libertà di emozionarsi viene a sostituirsi alla possibilità di farci emozionare; l'auto-controllo cede il testimone all'essere controllati; il volere cede il passo ai desideri indotti. La libertà di essere viene sostituita dalla induzione ad avere.

Il mezzo tele-invasivo (sic) è rivolto dunque agli ignari posseduti teleutenti-usati.

Ho assistito a una pietosa scena, una delle tante che mamma tivvù, ci propina. Una bellissima mostra di V. Kandinsky attualmente in non so quale parte, d’Italia penso. Un critico (presumo) spiegava alla giornalista con parole  tecniche tutta una serie di congetture, il perché di quei colori e quella tecnica particolare, noiosamente, copioso di attributi e cognizioni erudite riguardo a quelle improvvisazioni; forse non si rendeva conto che lui in quel contesto, col suo nozionismo e favella stressante rappresentava un bel cavolo a merenda; le immagini parlano da sole. 

I quadri sono fatti per essere guardati e non spiegati, poiché nel momento stesso che lo fai la pittura - come direbbe P. Picasso - se n’è andata via; è "come appendere un quadro al muro. Il chiodo è l’elemento che la distrugge". Il suo chiodo fisso cercadi spiegare alla giornalista  pronta a trapassare nel sonno insieme al parolaio e ai tele-utenti scassati. Come avrei voluto che ci fosse stato, in quei pochi minuti trasmessi, un po’ di silenzio, e al posto del blà blà si fossero fatte invece vedere soltanto le immagini, l'oltre-concetto, così abbondantemente coperte di insulti verbali.  Ecco cosa può essere ciò che noi chiamiamo critica o giornalismo.

Dice tivvù è dire dis-informazione!  Se i fatti parlano da soli bisogna farli tacere, è assiomatico.
L’innocente gioco dello sproloquio, in effetti, serve al mezzo televisivo per funzionare, con la sua normale indole ipnotica, poiché il silenzio gli nuoce gravemente.

Altra scena edotta dal tubo (catodico s’intende). Giornalista. Gallerista. Una faccia poco promettente che si stagliava dietro un giardino e una villa da sogno. Artista, pittore emergente, ex-fotografo. Fece vedere alcune delle sue, così definite, opere d’arte. Orrore!  Ecco: il gallerista, la villa, il giro di denaro, il raccomandato, l’informazione, il terrore, l’indifferenza.... La giornalista anche lei sbigottita, non disse niente della realtà personale sua, non espresse verbalmente reattività emotivo-soggettiva, né tanto meno un suo pensiero; rimase lì, per dovere di cronaca o imposizione, soltanto per aggiungere qualche parola che faccia da cornice conclusiva elogiativa.

Complimenti direi per la scarsezza di giudizio! Bella cacca da pappare! Anche una scorreggia reinserita in un circuito similare di produzione - raccomandazione - costruzione dell’immagine-propaganda-distribuzione e informazione può essere accolta favorevolmente dall’opinione pubblica. Che il pubblico tele-usato abbia mai avuto un sua opinione? Diciamo che si è creata una im-propria opinione imposta dai mezzi di dis-informazione. Le coscienze pubbliche per quanto si possono scandalizzare ritorneranno sempre, prima o poi all’ovile, sottomessi all’informazione, madre amorevole che li in-curerà e guarirà dalla loro insano allarmismo sintomatico. Questione solo di tempo, che, come si sa, è denaro.

Retorica delle religioni


La religione é un narcotico con cui l'uomo controlla la sua angoscia, ma ottunde la sua mente. (Sigmund Freud)

La decisione cristiana di trovare il mondo brutto e cattivo, ha reso brutto e cattivo il mondo. (Friederich Nietzsche)

La Chiesa é esattamente ciò contro cui Gesù predicò e contro cui insegnò ai suoi discepoli a combattere. (Friederich Nietzsche)
Le religioni, solo per il fatto di esserlo, sono condizionate da dogmi, da retorica, da stereotipia: nemici letali (sic) della verità assoluta.

Allora affermiamo sensatamente che, per amore della verità, "esiste una sola religione al di sopra di tutte le religioni, ma essa non è riconosciuta da nessuno, nemmeno da chi ci crede".

Dio, Buddha, Brahman, Allah,... Sono un solo dio. Le religioni in effetti sono la negazione vivente dell'esistenza di un solo ed unico Dio. Le religioni inoltre sono intrise di retorica, filosofia, ideologia che di per se contraddicono il credo della singolarità dell'essere supremo. Giacché l'Assoluto senza attributi non preferisce (sic) nessuna religione particolare possiamo dedurre paradossalmente che la non-religiosità è la vera essenza di Dio, essendo egli a-teo (sic). Un credente senza Dio è l'unico che può avere Fede.

Continuando il paradosso questo a-teismo religioso lo possiamo avvicinare alla ormai già acquisita concezione del Tao (Principio unico). In effetti la paura e l'ignoranza sono l'alimento di tutte le religioni. La paura ci lega al dogma, il dogma ci allontana dalla verità. L'ignoranza ci lega alla parzialità e al sapere dogmatico in un circolo vizioso e viziato senza fine, ci inchioda al samsara della relatività allontanandoci dal Tao (sic).

Il non avere Fede in nessuna delle religioni è condizione dunque essenziale per eliminare l'ignoranza e la paura della verità suprema.
L'ateismo è la religione suprema. Adesso però non ditemi che non sono credente.

Reparto


"La psicanalisi e quella malattia mentale di cui ritiene essere la terapia." (Karl Krauss)

SCENE DA UN MANICOMIO

Guardato a vista,
ormai sono nella lista;
sono un teppista, un artista,
non buono da rac-comandare.


Vorrei condurre un buon argomento
ma poi me ne pento: il muro non risponde.


Il filo logico del discorso
è che mi hanno fatto finire in un fosso
poi di corsa al pronto soccorso e recluso
dentro il carcere che chiamiano reparto.
Mi hanno asportato tre quarti della mia volontà,
un quarto già mi mancava.
Adesso però non c’è più.
Dicono che il reparto
è fuori adesso: il controllo
della polizia è più totale. (Carlo Giordano)


   Una delle cose più impressionanti del vecchio reparto psichiatrico termolese è la sua ubiquazione. Stava situato vicino alla sala mortuaria; la sua struttura sembrava come un sotterraneo dove seppellire i morti psichici. Un muro correva lungo le finestre in modo che l’unica possibilità di vedere il mondo e un poco della sua luce veniva resa vana. Appariva (quasi simbolicamente) come l’immagine esatta riflessa allo specchio di ciò può essere (e in effetti è) la psichiatria. Nel girone infernale dei dannati psichici mi muovevo stancamente in cerca di una guida spirituale  che mi desse forza d’animo per proseguire nel cammino. Ho continuato a scoprire orrori che non bisognerebbe mai rivelare ai diavoli addetti ai lavori.

   I dottori passavano la mattina per l’orario delle visite, scambiavano qualche parola con i pazienti e poi parlavano fra loro della terapia da adottare per ogni caso specifico. Essa consisteva esclusivamente nella somministrazione, inevitabile per il paziente, di psicofarmaci, il cui unico scopo alla fine è quello di intontirlo, rubandogli un po’ di vitalità e di iniziativa personale. I colloqui con l’utenza venivano invece somministrati a gocce oppure, in modo più abbondante, a pagamento. Ma poi, diciamolo pure, i dottori come persone sarebbero abbastanza bravi se non fosse per il fatto che sono degli psichiatri:servi del sistema dunque.

   I sintomi sui quali basano la loro diagnosi vengono sistematicamente occultati con la cura farmacologica. Non si cerca fino in fondo di capire il perché di quelle manifestazioni ma la tendenza dominante nei reparti psichiatrici è quella di eliminare la malattia azzerando la sintomatologia.

    L’essere umano con la sua dignità, il suo modo d’essere e di pensare vengono messi, nella migliore delle ipotesi, in secondo piano. Certo è che la struttura del reparto, così come si presentava, non era il posto più adatto per un portatore di disagio mentale, insomma non era un inno alla vita trovarsi lì, fra quelle mura, insieme ad altre persone che espiavano le loro pene.

    Sicuramente la società è molto sbrigativa nel giudicare chi almeno all’apparenza sembra essere così diverso dagli standard normali. In psichiatria avviene lo stesso però in maniera più distaccata e  adottando un lessico che faccia apparire più scientifico l’approccio considerato curativo.

    Ammesso che le cure servono a far guarire il malato, gli errori, che si possono inevitabilmente commettere per una diagnosi sbagliata ai danni di questi, chi li paga? Nel cosiddetto fenomeno di malasanità un paziente psichiatrico non può in nessun modo avvalersi dei suoi diritti. Chi lo potrebbe in effetti tutelare per gli errori commessi non essendo questi così chiaramente individuabili? I medici non di certo. La mente, essendo oltretutto un entità astratta, è difficilmente afferrabile e definibile sul piano scientifico, contrariamente a quanto fanno invece gli psichiatri che però ovviamente si avvalgono di questo fatto nascondendovi così la propria limitatezza ed ignoranza. La diagnosi in fondo è solo un giudizio di valore (un opinione dunque) che si dà al malato e alla malattia in base a presupposti giudizi di valore acquisiti.

    Se tutto ciò viene spacciato come scienza quale opinione può contrastarla? Chi può competere con questo modo di giudicare e catalogare le persone utenti-usate? I malati non sono certamente quelli più indicati e attendibili. L’ignoranza delle persone del nucleo familiare non può fare naturalmente nulla contro lo strapotere del sapere scientifico così ben solidamente strutturato e acquisito. E, ciliegina sulla torta, non esiste nessun sindacato che difenda i diritti dei portatori di disagio mentale. Paradossalmente chi potrebbe veramente giudicare, a tutti gli effetti il sistema psichiatrico, è proprio il malato stesso che ovviamente non ha dalla sua parte né il sapere scientifico dei sapienti dottori che si presume sappiano; né il sistema interno psichiatrico che lo reclude e lo emargina; né la famiglia che non sa o forse non ne vuole sapere; né il sistema esterno a cui presumibilmente da fastidio in un modo o nell’altro. E oltretutto non ha nemmeno più un briciolo di volontà e di intenzionalità poiché ciò è considerato comodamente parte integrante della mallattia.

Il popolo


"Conservatori in un paese dove non c'è più niente da conservare." (Leo Longanesi)

RE: "E’ possibile che i mari e le terre
straniere possano sviare verso nuovi oggetti
d’attenzione questa tal cosa,
qualsiasi cosa essa sia, che custodisce
nel cuore e sulla quale insistono tanto
i suoi pensieri, per renderlo così diverso
da se medesimo. Cosa ne pensate?" (Amleto, William Shakespeare)


Se dove sputa il popolo si forma una fontana, io, a tutti gli effetti, posso considerarmi la fontana del popolo. (Carlo Giordano)

    Tra un Gesù e un Barabba la società sceglie sempre quest’ultimo. Fra verità e falsità, fra divergenza e normativa, fra creatività e stereotipo, vengono ad essere accettate, invariabilmente, sempre le seconde; le prime sono sempre e comunque realtà troppo scomode da desiderare, fanno apparire la norma inefficace, inadeguata, falsa. Così, una volta accettato l’errore come motore del sistema, si possono perpetrare i delitti, ed essendo ovviamente una maggioranza schiacciante a stabilire il modo e il metodo da usare per commetterli, può (avendo anche potere di linguaggio e di informazione) attribuirli un nome più adeguato e più consono, salvando cosi l’apparente virtù: il perbenismo. L’emarginazione attuata verso il dissimile, il non allineato, il divergente, ecc, viene chiamata così: delinquenza, tossicodipendenza, prostituzione, disadattamento, ecc. In questo modo il nazareno è sempre fra noi, si moltiplica, pronto ad essere usato dalla società come capro espiatorio, un cristo che paga da sempre i peccati altrui.

   Lo sguardo dell’essere consuetudinario, del credente bigotto, è rivolto verso l’idolatrare, non verso la ricerca della verità, troppo faticosa, pericolosa e destabilizzante per i comodi dogmi, predeterminati.

   Invero, Gesù eccolo qua, è qui con noi! Lo portiamo a spasso nelle processioni, come simbolo di redenzione e di sacrificio, andiamo in chiesa per sentire le sue parole, cerchiamo di fare le buone azioni per far placare un poco la coscienza; gli rivolgiamo preghiere cercando di acquisire così un intercessione, una preziosa raccomandazione che ci possa dare un meritato posto in Paradiso. ‘Così in cielo, così in terra’. Ciò che sta in alto sta in basso. Beh! è così, che vogliamo farci?... così va il mondo!

C’è una scena che ho visto e che mi è rimasta impressa nella memoria. Avrei scattato una foto se avessi avuto una machina fotografica, avrebbe reso meglio sicuramente la realtà di quello che stavo osservando.
Qui , davanti al tempio di nostro signore, c'è un povero cristo per la strada. Dal portale si intravedono i fedeli: il loro volto e fisso verso l'altare. Nicola trema per il freddo, è pallido, smagrito, il suo sguardo e le sue orecchie non sono assorti alle parole del vangelo. E mentre i fedeli ascoltano quelle parole, celebrando da secoli il mistero sacro, l'uomo di Nazareth, sceso in terra per pagare i nostri peccati, cambia di giorno in giorno , di anno in anno, nel corso dei secoli il suo aspetto. Lo ritroviamo nel mendicante, nel malato, nel diverso. Tanti Cristi sono scesi sulla terra, messi in croce per pagare i nostri peccati. Ma noi non potevamo saperlo, poiché eravamo assorti in preghiera, verso l'altare, ascoltando parole vecchie di duemila anni. Altre parole sono state dette, urlate o taciute da altri messia, ma noi non potevamo saperlo.

Così, tra fervidi sospiri e improbabili abbandoni, restiamo fermamente assorti verso l'altare.

In questo secolo di Fede, chi non ha Dio è senza peccato!
Sdrammatizzare un po’ mi sembra giusto, quindi allego un’altra mia poesia, frivola, volgare(?) Ormai è difficile scandalizzarsi per qualcosa, al mondo d’oggi succede ormai di tutto. Si fanno cose orrende, innominabili e non ci si vergogna. Io, in fondo, le scrivo soltanto.
GIOCO DI SOCIETA’

L’artista è un messo di Dio.
Per questo motivo,
io mi sono messo nei guai.

Sebbene sia un messo,
è pur vero che me l’hanno messo.
Il gioco di parole non è vano:
me l’hanno messo sul divano, divino!
comodamente.

Non mi trovo a mio agio
in questo disagio.
Se non vi basta ve ne allego un'altra, però piccola, piccola. E voilà!
Il terzo segreto di Fatima.

Come direbbe O. Lionello: ma fatima lu piacere!

Mania di persecuzione


Paranoia

"Mi pare sempre assai strano che si abbia questa parola che, in effetti, significa che qualcuno ha la sensazione di essere perseguitato allorché le persone che lo perseguitano non lo ritengono tale. Ma invece non abbiamo una parola per la condizione in cui si perseguita qualcuno senza rendercene conto, condizione che avrei ritenuto seria quanto l'altra e certamente non meno comune. (R.D.LAING)

    Il malato nella famiglia:    vive in un rapporto di dipendenza
    La famiglia nella società:       vive in un rapporto di dipendenza


La psichiatria è l'espressione di un ideologia che condanna le non-dipendenze. Le secessioni dai ruoli e dai sistemi appositamente creati verranno irrimediabilmente condannati ad una sorte di abbandono. La dipendenza di contro viene accettata come giusta e coerente al sistema, come un modo sano di esservi dentro.

L'indipendenza è invece un "modo malato" di essere e significa quindi: stare fuori. L'aut aut del sistema societario è dunque: dentro o fuori. Altre possibilità non ve ne sono. Principio di appartenenza e principio di esclusione sono due inevitabili necessità indispensabili nel gioco.

Esiste invero un rapporto di interdipendenza univoca (sic) fra la società e la famiglia, fra società e individuo. La polizia psichiatrica controlla e individua le eventuali secessioni. Tutto viene opportunamente catalogato come aderente alla norma (degno di appartenervi) oppure come elusivo alla norma (candidato all'esclusione. Questo è quello che io definirei come principio che fa capo all'indice di tollerabilità).

   Il bigottismo e l'ipocrisia di sistema vengono innescato concomitanti al  dogma onnipresente. E' come un Dio virtuale che ci segue ovunque poiché sappiamo, per definizione, che esso è dappertutto. E' un Dio estorto alla sua eternità e messo sopra un piedistallo come una statua da idolatrare. Creato a sua immagine e somiglianza, diventerà egli stesso il massimo rappresentante della polizia sociale, una sua guardia del corpo che controlla, spia, giudica, castiga, punisce, premia...

   Anche se il sistema sembra funzioni in modo del tutto normale (ed in effetti è tutto normale) esisterà sempre la presenza di un atteggiamento omertoso ed una mafia che faccia sparire le prove dei propri crimini. Il crimine principale è l'intolleranza che dovrà per forza e per necessità essere mascherata con buone intenzioni: Il crimine dei crimini. C'è sempre un perenne carnevale che smentisce, che mostra un volto scherzoso, rasserenante; un volto bello, luccicante, rassicurante, tranne poi a ritrovarsi, come per  magia, fuori dal gioco in una oscura zona dove questo carnevale mostra il suo vero volto. Ci siamo così accorti di avere inavvertitamente varcato la soglia del limite di tollerabilità.

Il senso delle parole


Le parole, secondo la scienza del linguaggio, hanno un significato e un significante che stanno in rapporto fra loro come il contenuto e il suo contenitore.

La norma attribuisce sempre un contenuto ben definibile alla terminologia smorzando così enormemente la forza e la vitalità intrinseca, la mobilità, la metamorfosi vivificante del significato attribuito alle parole. La norma è alienante poiché rende gli esseri umani (vivi) schiavi di oggetti, cose senza anima. Si costruisce così un mondo normale affinché ci aiuti a vivere (?) nel benessere ma non ci fa radicare al bene. Il male forse ha proprio questo volto consuetudinario di indifferenza normale verso la vita che non ha significato se non in se stessa.

    La confessione può essere un modo non ordinario di produrre parole che svelano più verosimilmente una verità che non può essere ovviamente ordinata normalmente ma semmai naturalmente, spontaneamente.

    La spontaneità può coincidere con certe esperienze mistiche di taluni esseri umani divergenti, che fanno, per così dire, breccia entrando nella follia dell’ essere,  udendo voci. Si attribuosce infine il nome di santità a questo loro stato delirante.

"Uccidono più le parole che la spada". Grande verità! I dizionari psichiatrici sono pieni di queste parole che catalogano, uccidono in silenzio. Così ciò che può essere spontaneo e naturale viene sistematicamente distrutto, sostituito con la macchinosità cervellotica di sistema.

"Il pensiero è immorale, ogni cosa pensata viene automaticamente uccisa" (Oscar Wilde.). Confessare quello che si è risulta così estremamente pericoloso per il paziente.
Un dotto vede la sua dottrina.
Un saggio vede.
Un santo dona la Fede.
Un matto viene visto.
Uno psichiatra vede il matto dappertutto!

Non avrai altro Dio all'infuori di noi

Gli altri sono lo specchio in cui mi rifletto: deformato.
La solitudine è lo specchio perfetto, ideale.
Gli occhi dell'amata sono lo specchio in cui
non mi rifletto mai...
Io sono lo specchio delle vostre bugie,
perciò mi avete frantumato. (Carlo Giordano)
    Scivolando sempre più giù dentro questo tetro pozzo di civile intolleranza, mi sono accorto di come mi appariva diverso il mondo in superficie.
    Sembrava che tutti adulassero (sic) un solo Dio. Lo coccolavano e lo tenevano stretto al loro guinzaglio, un Dio tenero e buono creato a loro immagine e somiglianza. Tutto ciò contrastava molto fortemente coi loro peccati che sebbene confessati si ripetevano puntualmente all’infinito.

    Con la gola secca, col sale in bocca, la pelle bruciata dal sole cercavo una Fede e un Dio che mi desse conforto, che eliminasse la mia arsura. Ho bussato a tutte le porte, ho chiesto a tutti, ho cercato dappertutto, ma non ho avuto altre risposte se non la stessa: Dio è troppo impegnato con noi, non può darti retta. Allora ho iniziato a bestemmiare questo Dio fasullo. Fui punito dai credenti. Pagai. Ri-pagai col disprezzo la loro malafede.

    L’amore comunque circolava per canali consoni alla civile convivenza. Fui condannato moralmente come ignavo finché non mi fossi ravveduto. Sono diventato così il matto che a fatto il patto col demonio; misi le corna a Dio... io, si, proprio io, tradito nella mia buona fede.