martedì 1 gennaio 2013

Sì viaggiare!

Il colpo di pistola alla partenza venne senz'altro sparato dai comunali. Così verso le tre del pomeriggio inizio questo viaggio allucinante dove, come dicevo, miei cari postumi lettori, ho visto cose che voi umani non potreste mai credere. Ecco la cronologia delle tappe. Il mio mezzo di locomozione: una vecchia mountain bike con un portapacchi da me allestito, più che voluminoso, diciamo abbastanza vistoso. Presagendo questa losca mossa dei comunali, mi ero premunito, comprandole da Cardaccia termolese, di un paio di scarpe pesanti da trekking e un paio leggere da corsa. I piedi erano troppo importanti adesso, andavano salvaguardati. Soldi benedetti. Infatti la loro utilità fu enorme. Non avevo con me la tenda, né vestiario adeguato per affrontare un simile viaggio. Ma ero disposto a tutto pur di riuscire nell'impresa: andarmene almeno per un po' di tempo (e poi per sempre) da questo cesso compassato compae-sano.

Ecco la sintesi del viaggio.

26 Ottobre - Partenza ore 3/3.30 circa. Termoli-Vasto
Dormo alcune ore in territorio petacciatese. Il terreno è umido. Non sono d'accordo, ma mi adeguo. Dormo poco e mi sveglio indolenzito. Deciso a chiudere una volta per tutte con questo paese. Ci pensi. Non vedrai più quei pezzi di merda: il Signor 7x5, il maresciallo, il pubblico ufficiale, e tutta quella marea di sfaccendati che non hanno altro a cui badare se non ai casi altrui.

27 Ottobre - Termoli-Vasto.
La mattina presto, era buio, rischio di terminare il viaggio con una caduta spettacolare causata dai fari abbaglianti puntatimi addosso da un deficiente. Il viaggio per una attimo ho temuto di proseguirlo nell'oltretomba. Cercai di fermarmi, ma era troppo tardi ormai e finii così dentro una cunetta di cemento armato.  Fortunatamente illeso, riprendo in direzione di Vasto, ma fatti diversi chilometri mi accorgo di aver perduto il borsello con dentro alcune centinaia di euro. Infatti nella caduta in quelle ore più che antelucane il borsello era finito, senza che me ne accorgessi,  nella cunetta. Patema d'animo. Mi tocca tornare indietro. Cominciamo bene. Solo adesso mi accorgo di quanta strada avevo percorso: diversi chilometri. Passa un camion e qualcuno dall'abitacolo mi grida qualcosa, pare dicesse: "aho metti dentro la bicicletta che ritorniamo in paese". Figurarsi! avevo tutt'altro pensiero per la capa. Il tizio, certamente un lavoratore mio compaesano, non rendevasi affatto conto che io ero direzionato al borsello e nemmen per sogno a casa. E meno male che non se ne rendeva conto!. Per fortuna la notte aveva ben occultato il luogo della caduta a qualche occasionale autista di passaggio... Gaudio! Ritrovo intatto il borsello. Via, si riparte....
A Vasto compro il sacco a pelo e un copricapo tipo colbacco. Arrivo dunque in territorio ortonese e cerco una sistemazione per dormire. Bellissima la costa tra Vasto e Ortona! Mi sistemo anche qui su terreno umido. Mi infilo dentro il sacco a pelo. La notte è lunga e porterà consiglio. Ma non passa molto che vengo svegliato di soprassalto. Sentivo grugniti dappertutto. Porcavacca!... Cinghiali! Un invasione di cinghiali (forse 10-13); non ne avevo mai visto così tanti, ne ero letteralmente circondato; fuoriuscivano dalle cannucce ch'erano lì distanti solo qualche metro da dove stavo. Ho constatato con mano, che i cinghiali non attacano se non vi è motivo. Non mi preoccupai più di tanto. Decisi così di spostarmi di alcune decine di metri dalle cannucce, che sembra essere il loro luogo prediletto. Non si sa mai. Dormii anche qui poco.

28 Ottobre - Ortona > Pescara. (Tocco di Casauria, Popoli > Raiano)
Mangiato un paio di buone pizze e delle noccioline, sono a Pescara, città passatista rifatta che vive dei suoi fantasmi (Gabriele D'Annunzio!). Mi ritrovo a pernottare a Raiano... Mi sveglio con la testa un po' indolenzita. Dopo ne capii il perché...

29 Ottobre - Raiano > Castelvecchio Subequo > Castel Ieri  > Collarmele > Forca Caruso (Parco Naturale Regionale Sirente-Velino) > Celano > Avezzano
Ho così visto a Raiano il bellissimo inceneritore. Mi faceva venire in mente la fucina di Lucifero. Un atmosfera tetra aleggiava all'intorno e tutto quel fumo nero che fuoriusciva dalla ciminiera era sicuramente dovuto principalmente alla plastica che vi si bruciava. La plastica contiene cloro che bruciato forma diossina. Chissà quanto ce n'era lì attorno. Capii il perché della testa che mi duoleva al risveglio. A Castelvecchio Subequo mangio una squisita pizza al pomodoro. La migliore che abbia mai assaggiata. Mi coglie la pioggia e cerco riparo per un po' sotto un gazebo in legno del paese vicino (Castel Ieri). Riparto comunque nonostante la pioggia e affronto così una aspra salitaccia che mi porterà al valico di Forca Caruso (1100 m slm) per poi ridiscendere nella zona pianeggiante del Fucino e finire bagnato nella bagnata notte di Avezzano, nonostante preventivamente vi avessi acquistato ad hoc una economica tenda da campeggio. Non è servita in questo caso... Dormo (?)... bagnato, sacco a pelo bagnato, tutto bagnato. Notte bagnata notte infernale, la cui pena ovviamente non è patire il fuoco, ma l'acqua e il freddo. Sembra che l'umido e il bagnato siano il mio destino.
Più di un cenno a parte meriterebbe la stupenda riserva naturale del Sirente-Velino, le gole di San Venanzio, per cui posso ben dire che l'avere affrontato questo viaggio, nonostante le sue difficoltà e gli imprevisti, ne è proprio valsa la pena.

30 ottobre - Avezzano > Scurcola Marsicana > Tagliacozzo > San Giovanni
Altro giro altra corsa. Mi ritrovo a pernottare a San Giovanni, una frazione di Sante Marie (non molto distante da Tagliacozzo). Nel pomeriggio avevo cercato di far asciugare, in maniera un po' rocambolesca, tutto l'armamentario e gli indumenti che avevo. Verso sera sistemo la tenda e il sacco a pelo in un luogo riparato.

31 Ottobre - San Giovanni > Pietrasecca > Carsoli > Arsoli > Mandela > Vicovaro > Tivoli > Roma
Intrepido eroe mi risveglio al mattino con la prima neve, meravigliato, ma molto preoccupato. Fui costretto a forzare le tappe. Dovevo cercare di uscire presto dalla zona appenninica laziale-abruzzese, altrimenti avrei potuto rimanervi congelato a tempo indeterminato. Mi ritrovo così nel pomeriggio a Tivoli, pensando che da qui avrei trovato una strada alternativa, che m'evitasse l'attraversamento di Roma caput mundi. Proseguendo la Tiburtina per il centro storico di Tivoli affronto una discesa scoscesa e in un batter d'occhio mi ritrovo a... ROMA! Porcaccia miseria! Ciò che volevo in tutti i modi evitare... Eccola la città eterna. Li mortacci sua! Come la preda di un ragno di proporzioni gigantesche mi ritrovo invischiato nella sua ragnatela intricata di strade e stradine... Fino a notte fonda non mi riesce venirne a capo. Come andarsene da questa caput inferni altro che mundi, questo è il problema. Cerco anche la possibilità di percorrere il Grande Raccordo Anulare, cercando una via di fuga e finisco per trovarmi a notte fonda scortato da un'auto della polizia che mi consiglia gentilmente di uscire alla prossima. Uno dei poliziotti mi indica la strada per poter prendere l'Aurelia additandomi l'attraversamento del centro e giù giù fino alla parte opposta... La notte la passai pedalando cercando un luogo appartato, sì, ma dove?... Non si scorgeva altro che la possibilità di un refugium peccatorum. Infatti. Sulla strada ammiccavano le puttane. Pernottai in un paesino vicino Roma, che poi vale a dire Roma.

01 Novembre - Roma (lascio la bicicletta sulla statale per Ostia)
Dormito poco. Miseriaccia! Dopo circa 25/30 ore di viaggio a piedi o in bicicletta, ero stremato, ma lì per lì non me ne rendevo perfettamente conto. Ciò lo spiego con il fatto che vivevo, anche se non del tutto cosciente, una situazione di pericolo. Cerco questa benedetta via Aurelia e attraverso così il centro. Decido di cambiare itinerario. Mi va di seguire la strada che mena a Ostia, la cosiddetta "via del mare", avendo l'intenzione di fare la strada che costeggia il Tirreno, ce ne sarà pure una! Era scritto nel Destino che la mia bicicletta dovesse defungere a Roma. Mi si rompe il portapacchi su un raccordo per la via del mare. In effetti pensavo, temevo di essermi ritrovato di nuovo sul Grande Raccordo Anulare, cosa alquanto incauta considerata la minaccia fattami dal poliziotto di una più che probabile multa, essendo recidivo del misfatto, quello di percorrere l'istessa strada vietata(mi) la notte appena trascorsa. Furente, presi armi e bagagli, lasciando la bicicletta sul posto al sicuro all'interno del ring del guardarail. Non mi restava altro ormai che ritornare a casa col treno. Purtroppo.

02 Novembre - Roma stazione Termini > Termoli (Treno)
Arrivato alla stazione, mi rammarico di aver perso anche l'ultimo treno della giornata così mi tocca aspettare fino alle sei della mattina successiva. La Stazione Termini di Roma è, più che una stazione, un grosso centro commerciale. Trovi di tutto, tranne la sala d'aspetto. Infatti, non esiste una sala d'aspetto in questo centro commerciale. Fui lasciato ad aspettare all'addiaccio. Bell'aspettativa. Mentre congelavo, rimpiangevo le vecchie FFSS e maledicevo le privatizzazioni selvagge. Anche per pisciare si paga. All'uopo mi è toccato sborsare un euro. Ecco finalmente l'alba. In carrozza si parte... Ci si scongela congedandosi da questa Roma stazione aperta. Troppi spifferi.

Questo viaggio mi è servito tra l'altro perché mi ha fatto conoscere alcune cose importanti. Prima di tutto la privatizzazione selvaggia, vagliata di persona: non si riesce ormai a trovare nemmeno un posticino appartato in cui vi possa essere la possibilità di poter pisciare in santa pace, senza rischiare di violare una proprietà privata. Questo accade soprattutto nei luoghi più densamente popolati, vicino alle città e alle zone industriali, che sono la maggior parte del nostro territorio. Per affrontare simili viaggi, facendo come suol dirsi cicloturismo, bisogna essere ben equipaggiati, specialmente nelle stagioni più fredde.

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