sabato 28 novembre 2009

Il laureando in medicina


[...] è come se una volta ammesso che qualcosa esiste noi decidiamo che deve essere là per una ragione (indubbiamente vero) e poi arriviamo alla falsa supposizione che deve esserelì per una buona ragione, cosa che è indubbiamente non vera. (...) Chiunque opprima un altro essere umano invariabilmente chiede che cosa succederà una volta che l'oppressione sarà finita. [...] (ANTONUCCI)
Mai come oggi il sapere e la ricerca scientifica sono così ben afferrati e gestiti dalle mani di potenti società multinazionali. Esse dettano le mode, le regole, i metodi e i modi. Ci sono poi le gerarchie, i ruoli specifici e la sindrome fantozziana di sudditanza. Presentare idee nuove e personali, criticare i dogmi (vitali per il sistema), significherebbe per lo studente di medicina apparire agli occhi indagatori degli insegnanti uno stravagante e, nel migliore dei casi, non verrà preso nemmeno in considerazione; ma, ovviamente, può anche essere indizio di una clamorosa bocciatura. Il laureando così ha imparato ciò che gli è stato implicitamente imposto, ha attinto da un sapere prestabilito, da una ricerca scientifica indiscutibile, gestito dalle gerarchie della classe medica, a loro volta manipolati dallo strapotere delle grandi società di prodotti medico-farmaceutici.

Invero, se esistessero dei metodi, delle pratiche, fuori dal sistema, per curare le malattie in modo efficace, ci sarà sempre e comunque la tendenza a non farlo sapere, a informare in maniera univoca sulla loro potenziale pericolosità. Tra l’altro, la gente è così assuefatta ad essere informata che ormai le opinioni personali sembrano cose d’altri tempi (semmai ci siano mai state). Viviamo in uno spazio e in un tempo ben definiti dove i poteri occulti delle gerarchie e dei magnati delle grandi industrie ne definiscono i confini, gestendo così ogni possibilità di movimento e di programmazione, per ovvi scopi strettamente commerciali ed utilitaristici. La "scienza" stessa viene gestita dalle grandi industrie offrendo mezzi e ingenti risorse ai ricercatori. Del resto non è più il, tempo di Marconi, di Volta, dei coniugi Curie, ecc...; la ricerca scientifica ormai, in qualsiasi campo essa si svolga, ha bisogno di ingenti finanziamenti. Le multinazionali così si prestano ad aiutare la ricerca ma per i loro obiettivi, per tornaconto, creaandosi una cerchia di scienziati, ben pagati. Il denaro si sa corrompe e se per caso c'è qualche scienziato coscienzioso verrà automaticamente sostituito certamente da uno che lo è meno ma certamente più malleabile e più facile da "ungere". L’illusione dell’obiettività cede così il posto a un sapere pregiudiziale già informato e precostituito. La scienza diventa (in)conscienza, di parte.  E che parte!

La paura intrinseca dell'esclusione, il non potere usufruire dei benefici dovuti a questo sapere e il lavaggio del cervello praticato dai mezzi di informazione, fanno si che l’individuo resti ancorato alla sua non pretenziosa ignoranza: come un vaso vuoto verrà riempito con le cognizioni, con i servizi e le varie utilità elargite ed edotte dal sistema.

Il laureando, perciò, imparerà a non mettere mai in discussione gli assiomi e i dogmi (così ben radicati), le inadeguatezze strutturali osservate; imparerà a non pensare, con la propria testa; ma si lascerà pensare e istruire, diventando così un'altra pedina, un altro servo: un gregario del potere.

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