domenica 29 novembre 2009

La scienza medica

"Avviene ciò che è avvenuto nei manicomi di tutto il mondo: liberi di agire senza alcun vincolo né morale, né etico, né tantomeno legale, gli psichiatri hanno pensato, realizzato e gestito dei grandi campi di concentramento con il fine di punire, controllare e far cambiare idea a persone che, in un modo o nell’altro, trasgredivano le leggi scritte e non scritte su cui si fonda il nostro vivere civile. Il fine esplicito della psichiatria sembra quello di trasformare le persone, tenendo conto non delle loro personali intenzioni e volontà, ma delle esigenze di chi sta loro intorno.
In questo senso credo si possa dire che non c’é uso della psichiatria che non sia in sé un abuso". (G. ANTONUCCI)

1.Ogni sistema si fissa al momento del suo inizio.
2.Una volta stabilito, il primo scopo di un sistema contraddirà lo scopo per la quale è stato creato: per esempio, il suo primo scopo diviene l'auto-perpetuazione.
3.Ogni sistema stabilito percepisce un elemento creativo come una implicita minaccia, poiché un elemento creativo incrementa il pericolo, e così la possibilità di un cambio all'interno dello status quo. (Robert Fripp)

Vorrei sollevare delle obiezioni riguardo a degli assiomi della scienza medico-psichiatrica. Tralasciando la questione spinosa dell’utilità o meno degli psicofarmaci.

- Il malato deve essere curato per guarire.
- I sintomi sono indizio di alterazioni mentali.

Poniamo altri due assiomi discordanti con i suddetti.

- Il malato guarisce da solo.
- I sintomi sono l’inizio di un abreazione, di una catarsi.

Perché non potrebbero essere validi i secondi? Cos’è che dà la certezza alla classe medico-psichiatrica di giudicare una persona, un essere umano, dai sintomi? Il sapere scritto sui libri? L’esperienza quotidiana del contatto diretto con i pazienti? Parlare della mente è ben altro che reputare scienza dei concetti e degli usi che oggettivano una qualità non definibile, non quantificabile.

La psicologia non è una scienza esatta, anzi né scienza, né esatta. La psicologia è ideologia: un mezzo di controllo sociale. Orbene, poniamo che una psicoterapia duri un certo lasso di tempo, al termine del quale l’analizzato risulterà guarito. La stessa distanza di tempo l’avrebbe guarito senza l’intervento dell’analista?

La psichiatria giudica il malato ma non se stessa. In effetti l’unico giudizio sicuro che si possa esprimere è proprio quello nei riguardi della psichiatria perché è un oggetto, ha un sua obiettiva realtà storica e concettuale. Le varie correnti di pensiero delle varie scuole hanno poi, molto spesso, una vistosa discordanza fra loro nelle teorie e nei metodi applicati. Si insegna a giudicare, si impara a controllare. I docenti di psicologia vengono analizzati per anni, educandoli, facendoli poi diventare giudici e difensori implacabili della norma.

Se i sintomi sono un processo dinamico di una abreazione, di una reazione a un trauma, perché non lasciarli scorrere nella loro giusta direzione naturale, spontanea, invece di soffocarli con le cure? Perché intervenire se non si conosce, né si può del resto conoscere, la soggettività del malato? Le cure non potrebbero allora peggiorare lo stato di salute del paziente?

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